Una questione di relazione
Data Centers of the future are here

In questo articolo approfondiremo due concetti propri delle neuroscienze che ci raccontano questa interazione, indagando alcune delle tematiche che sono emerse durante l’evento Spatial Cognition Meets Architectural Design, organizzato dalla sede di Parma dell'Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dallo Smart City 4.0 Sustainable LAB dell'Università di Parma.
Parleremo di Spazio Peripersonale (PPS), cioè lo spazio che circonda il corpo ed entro cui si verificano le nostre interazioni con gli altri, e di Prossemica, cioè la scienza che studia lo spazio o le distanze interpersonali e il modo in cui influenzano la comunicazione e il comportamento sociale.
Attraverso l’approfondimento di queste due sfere di influenza, arriveremo a definire come un approccio neuroscientifico alla progettazione architettonica, quello che noi chiamiamo ‘neuroscience driven design’, può aiutarci a vivere meglio e a interagire in maniera positiva con l’altro.
“Per comprendere come la percezione dello spazio influenzi l’esperienza corporea ed emotiva delle persone, dopo aver avviato le ricerche sugli effetti neurofisiologici e sociali della prossemica, intesa come distanza delle pareti architettoniche dal corpo, abbiamo iniziato ad approfondire il legame tra l’ambiente costruito e lo spazio immediatamente intorno al corpo, lo spazio peripersonale. “
Federica Sanchez, Architect and neuroscience researcher - Neuroscience Lab, Lombardini22
Dove l’architettura incontra la scienza
Data la nostra consapevolezza che lo spazio non è neutro, l’architettura deve guardare oltre la funzione di contenitore e farsi strumento per abilitare le nostre azioni e le nostre interazioni.
Per questo motivo, dal 2013 ci avvaliamo del contributo di un laboratorio di neuroscienze interno, il nostro Neuroscience Lab, per offrire un supporto alla progettazione che sia basato su evidenze scientifiche. Per farlo collaboriamo con il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Parma, con il centro di ricerca MySpaceLab del dipartimento di Clinical Neuroscience dell’Università di Losanna e i dipartimenti di Psicologia dell’Università di Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell’Università di Pavia.
Insieme abbiamo avviato diversi progetti di ricerca che ci permettono di comprendere come il cervello processa gli stimoli e gli elementi spaziali che provengono dall’ambiente esterno. L’obiettivo è supportare i progettisti nel sintonizzare l’architettura ai bisogni delle persone tramite linee guida basate su principi scientifici.
Cervello e spazio
Quando interagiamo con l’ambiente circostante stiamo agendo all’interno dello Spazio Peripersonale, inizialmente scoperto e studiato dal Professor Giacomo Rizzolatti e ambito di ricerca trattato da Andrea Serino, Professore presso l’Università di Losanna.
Il PPS (Peri-Personal Space) è la porzione di spazio attorno al corpo in cui avvengono le interazioni con l’ambiente esterno. È implicato nel controllo motorio e nella rilevazione di stimoli rilevanti per l’azione, come l’afferramento e la manipolazione di oggetti e la risposta a potenziali minacce.
Un esempio concreto? Se vediamo un’ape volare lontana dal nostro corpo difficilmente ci spaventeremo. Soltanto quando si avvicinerà troppo, e cioè quando invaderà il nostro Spazio Peripersonale, ci allarmeremo e la allontaneremo con la mano. Gli stimoli che si verificano all’interno del PPS infatti evocano risposte neurali e comportamentali più rapidi, come evidenziato da studi con registrazioni elettrofisiologiche e neuroimaging. Questo fenomeno evidenzia quanto il cervello consideri quest’area una zona di massima priorità percettiva.

Inoltre lo Spazio Peripersonale non ha confini rigidi, ma si adatta dinamicamente a seconda dei diversi contesti e necessità. Nelle persone cieche, ad esempio, si estende fino a inglobare completamente il bastone, che viene percepito e rappresentato corticalmente come parte del corpo. Al contrario, se un arto viene ingessato a seguito di una frattura, il PPS si ritrae perché l’arto non può muoversi, secondo studi sperimentali condotti su pazienti con immobilizzazione temporanea.
Il PPS può variare anche in base ai contesti sociali. Se ci troviamo di fronte a una persona estranea lo Spazio Peripersonale tende a ridursi, mentre se abbiamo un’interazione positiva con chi ci sta davanti, allora si amplia fino a costruire uno spazio comune. Infine, cambia anche in base alla coscienza che si ha di sé stessi, lo dimostrano alcuni studi sul sonno. Nella fase profonda del sonno, infatti, non siamo coscienti e l’attività neurale associata al PPS si riduce drasticamente.
Se esiste uno spazio ‘virtuale’ che può influenzare le nostre relazioni, anche lo spazio fisico ha ruolo determinante nel creare le condizioni affinché la relazione possa avere un esito positivo.
Proprio su questo tema abbiamo condotto uno studio in collaborazione con l’Istituto di neuroscienze del Cnr-In che ha dimostrato che lo spazio imprime un effetto sui processi neuronali circa 250 millisecondi prima dell’inizio dei processi cognitivi che scaturiscono dalle caratteristiche posturali di un’altra persona.
In altre parole, è lo spazio stesso a predisporre l’individuo alla relazione, ancor prima che intervengano fattori legati all’aspetto o alla postura dell’altro. Lo abbiamo chiamato “Effetto doppia relazione”.
Distanze
Una volta compreso come il cervello rappresenta lo spazio, possiamo fare un passo in più e analizzare come i luoghi che frequentiamo influenzano il nostro benessere psicofisico. Sempre nell’ambito del progetto di ricerca condotto insieme al CNR “Effetto doppia relazione”, guidato dai neuroscienziati Giovanni Vecchiato e Giacomo Rizzolatti, i dati raccolti indicano che la distanza del corpo dalle pareti di una stanza ha un effetto sull’attivazione del sistema nervoso autonomo e sulle risposte emotive e comportamentali e, come conseguenza, sulle relazioni sociali.
Per condurre la ricerca abbiamo ricostruito due ambienti in realtà virtuale e successivamente abbiamo confrontato l’impatto degli spazi sui soggetti che li hanno esplorati, monitorando attività cerebrale, tramite Elettroencefalografia (EEG), e movimento degli occhi, attraverso un sistema di eye-tracking. Entrambe le misurazioni permettono di rilevare correlati neurali e cognitivi delle interazioni con lo spazio circostante.
Dall’esperimento è emerso che all’aumentare dei livelli arousal in un ambiente, diminuiscono le risorse attentive disponibili per l’elaborazione sociale.

In altre parole, se ci troviamo in un ambiente confortevole, ad esempio una stanza ampia e luminosa, e davanti a noi compare un’altra persona, il nostro sguardo si soffermerà su volto e mani, facilitando una risposta empatica. Infatti, in ambienti meno stimolanti – e quello appena descritto ne è un esempio – si osserva una ridotta attività in aree legate al controllo attentivo, lasciando maggiore capacità di elaborazione per gli stimoli sociali.
Viceversa, se ci troviamo in una stanza poco confortevole, ad esempio con poca luce e le pareti strette, e ci si presenta davanti una persona, il nostro sguardo si focalizzerà di più sul centro del corpo, quanto basta per assicurarci che non sia una minaccia ed eventualmente per schivarla. Negli ambienti ad alto arousal, infatti, il cervello impiega più risorse attentive e di elaborazione percettiva per processare lo spazio, conservandone meno per interagire con altri.
Le ricerche che conduciamo per indagare come il cervello rappresenti lo spazio e analizzi la distribuzione di elementi architettonici nello spazio, provocando una minore o una maggiore attivazione psicofisiologica, ci offrono evidenze applicabili per progettare ambienti più confortevoli e in grado di favorire interazioni positive tra le persone.
Ricerche come queste possono essere applicate a progetti concreti: lo abbiamo fatto in occasione del Salone del Mobile.Milano 2024, quando abbiamo progettato il layout di due dei padiglioni della fiera. Tra gli elementi progettuali innovativi che abbiamo introdotto possiamo citare strade più larghe, landmark più distintivi e scorci visivi più ampi, che hanno saputo restituire un’esperienza di visita meno stressante e più coinvolgente.
Un progetto che, diffuso tramite numerose pubblicazioni – dal Royal Institute of Navigation a La Repubblica – ha contribuito a diffondere la nostra concezione di architettura umanizzata, di Design to Humanise, in grado di favorire comportamenti funzionali e relazioni sociali positive. Negli ultimi anni è emerso in maniera sempre più evidente che lo spazio che abitiamo gioca un ruolo fondamentale per il nostro benessere. Non è solo una questione di estetica, o di funzionalità, ma di una vera e propria interazione tra spazio e cervello.
DI OGNUNO
Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.
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