Ricerca

Modelli di azioni concrete

Data Centers of the future are here

L’attualità vivissima di una integrazione di saperi e conoscenze
23/4/2020
Written by
Share:

Il progetto risponde alla complessità del presente divenendo facilitatore di processi sinergici, che aiutano a guardare al futuro con consapevolezza e rispetto.

“Il periodo storico che stiamo vivendo ci pone di fronte a condizioni e a sfide che possono generare cambiamenti sostanziali nel modo di concepire un approccio diverso e più contemporaneo alla progettualità. […] Se vogliamo invece tentare di fare qualcosa per intravedere una speranza ci troviamo di fronte a un’incredibile occasione per ridisegnarci la vita, per iniziare un processo di mutazione. Dobbiamo preparaci a vedere con altri occhi, pensare a una situazione di tabula rasa in cui ridefinire bisogni, abitudini, attività, sogni rispetto alle nuove condizioni, per ragionare su una aggiornata idea di contemporaneità.
La sfida si presenta a diversi livelli: se pensiamo a come possiamo produrre significato dobbiamo capire su quali riferimenti e con quali modalità possiamo provare a costruire un percorso. […] I paletti entro i quali possiamo agire ci sono noti, delineano una realtà che non ammette sprechi, che non può più considerare soltanto una logica strettamente individualistica e utilitaristica, ma che deve vedere affermarsi un modello in cui più parti lavorano insieme. Questo perché le singole discipline, in mancanza di visioni generali a monte, non sono più in grado di fornire da sole delle risposte che ci facciano capire come e a che condizioni si possono operare delle trasformazioni. […] Per progetti ideali intendo una progettualità che tenda a generare un miglioramento nella qualità di vita delle persone a livello sociale, economico e ambientale. […] L’azione creativa in una prospettiva multidisciplinare consiste nel produrre, rispetto alle realtà che si osservano, idee, riflessioni, proposte in grado di delineare processi progettuali specifici rispetto a più tematiche, per elaborare dei brief approfonditi e articolati. Questa modalità è più simile a una produzione cinematografica che all’approccio professionale tradizionale del mondo dell’architettura, dell’urbanistica e del design, nel senso che non c’è necessariamente un cliente che richiede una prestazione, ma invece un gruppo composto, per fare un esempio, da economisti, sociologi, architetti, designer, urbanisti, paesaggisti e semplici cittadini in grado di proporre progetti specifici, che vadano a toccare una o più tematiche nello stesso tempo, per produrre l’intero ciclo progettuale prevedendo sia l’aspetto del progetto tradizionalmente inteso, che l’attivazione di dinamiche sociali ed economiche.”  

Quando è stato scritto questo brano? La domanda, spontanea, fa nascere un sorriso sornione.

Un pensiero strategico e lungimirante quello di Aldo Cibic. La domanda su come vivono le persone – quanto mai attuale – ha da sempre attraversato il progetto di Aldo, fondato sulla consapevolezza che il design può (e debba) avere un impatto sociale e modificare abitudini e comportamenti.

Le sue risposte sono sempre sorprendenti, ironiche, profondamente metabolizzate e, lo (ri)scopriamo oggi, anticipatrici di tendenze future: quelle che volenti o nolenti stiamo vivendo ora.

La sua intenzione è sempre stata quella di produrre riflessioni su un’idea umanistica e poetica di affrontare la progettualità, di partire da dinamiche della vita quotidiana per generare prodotti, servizi, modelli urbani in cui è riconoscibile un nesso interessante fra le azioni delle persone e il progetto.

Family Business (1997) è il progetto fondativo di questo percorso, condotto a partire dall’analisi dei comportamenti delle persone nella quotidianità. Il progetto ripensa i luoghi della vita quotidiana e propone nuovi spazi ibridi fra la casa e il lavoro. A questo sono seguiti una grande quantità di workshop con gli studenti, ricerche e mostre orientate a far intravedere possibilità, idee, soluzioni non ancora inserite in un sistema economico. In tempi non sospetti aveva immaginato un ecosistema integrato con “servizi condivisi, nuove attività e relazioni in sintonia col territorio”. Da sempre fautore di un senso ampio della parola e della pratica di progetto – fatto di sinergia e collaborazioni tra saperi, persone competenti e conoscenze –, con Microrealities (presentato alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2004) lega sociologia e urbanistica.

L’indagine progettuale di Aldo osserva l’ambiente costruito a partire da un altro punto di vista e da una diversa scala. Al centro è sempre l’individuo, con il suo complesso sistema di relazioni, con la sua capacità di immaginare e inventare, di scoprire il nuovo e di approfittare delle opportunità dei cambiamenti.

Come scritto da Branzi, Cibic definisce il “progetto non come una forma, ma come una energia di relazione, come una occasione per attivare nuovi rapporti e attività tra le persone, e tra queste e gli oggetti. Il suo programma per fare ginnastica in casa (Smart Home Fitness, del 1998) ne è una dimostrazione chiara, dove gusto, salute, forza e cultura sono facce della stessa attitudine vitale” .

Fino a ripensare all’idea stessa di felicità, con Rethinking Happiness, da cui è tratto il brano iniziale, presentato alla Biennale di Architettura di Venezia del 2010.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

Inserisci il tuo indirizzo email per ricevere il digibook

Grazie per esserti registato!(en)Thank you for subscribing!
Oops! Qualcosa è andato storto durante l'invio.(en)Oops! Something went wrong while submitting the form.
Written By
April 23, 2020
Attualità
Written by
Share:
April 23, 2020

Modelli di azioni concrete

Il progetto risponde alla complessità del presente divenendo facilitatore di processi sinergici, che aiutano a guardare al futuro con consapevolezza e rispetto.

“Il periodo storico che stiamo vivendo ci pone di fronte a condizioni e a sfide che possono generare cambiamenti sostanziali nel modo di concepire un approccio diverso e più contemporaneo alla progettualità. […] Se vogliamo invece tentare di fare qualcosa per intravedere una speranza ci troviamo di fronte a un’incredibile occasione per ridisegnarci la vita, per iniziare un processo di mutazione. Dobbiamo preparaci a vedere con altri occhi, pensare a una situazione di tabula rasa in cui ridefinire bisogni, abitudini, attività, sogni rispetto alle nuove condizioni, per ragionare su una aggiornata idea di contemporaneità.
La sfida si presenta a diversi livelli: se pensiamo a come possiamo produrre significato dobbiamo capire su quali riferimenti e con quali modalità possiamo provare a costruire un percorso. […] I paletti entro i quali possiamo agire ci sono noti, delineano una realtà che non ammette sprechi, che non può più considerare soltanto una logica strettamente individualistica e utilitaristica, ma che deve vedere affermarsi un modello in cui più parti lavorano insieme. Questo perché le singole discipline, in mancanza di visioni generali a monte, non sono più in grado di fornire da sole delle risposte che ci facciano capire come e a che condizioni si possono operare delle trasformazioni. […] Per progetti ideali intendo una progettualità che tenda a generare un miglioramento nella qualità di vita delle persone a livello sociale, economico e ambientale. […] L’azione creativa in una prospettiva multidisciplinare consiste nel produrre, rispetto alle realtà che si osservano, idee, riflessioni, proposte in grado di delineare processi progettuali specifici rispetto a più tematiche, per elaborare dei brief approfonditi e articolati. Questa modalità è più simile a una produzione cinematografica che all’approccio professionale tradizionale del mondo dell’architettura, dell’urbanistica e del design, nel senso che non c’è necessariamente un cliente che richiede una prestazione, ma invece un gruppo composto, per fare un esempio, da economisti, sociologi, architetti, designer, urbanisti, paesaggisti e semplici cittadini in grado di proporre progetti specifici, che vadano a toccare una o più tematiche nello stesso tempo, per produrre l’intero ciclo progettuale prevedendo sia l’aspetto del progetto tradizionalmente inteso, che l’attivazione di dinamiche sociali ed economiche.”  

Quando è stato scritto questo brano? La domanda, spontanea, fa nascere un sorriso sornione.

Un pensiero strategico e lungimirante quello di Aldo Cibic. La domanda su come vivono le persone – quanto mai attuale – ha da sempre attraversato il progetto di Aldo, fondato sulla consapevolezza che il design può (e debba) avere un impatto sociale e modificare abitudini e comportamenti.

Le sue risposte sono sempre sorprendenti, ironiche, profondamente metabolizzate e, lo (ri)scopriamo oggi, anticipatrici di tendenze future: quelle che volenti o nolenti stiamo vivendo ora.

La sua intenzione è sempre stata quella di produrre riflessioni su un’idea umanistica e poetica di affrontare la progettualità, di partire da dinamiche della vita quotidiana per generare prodotti, servizi, modelli urbani in cui è riconoscibile un nesso interessante fra le azioni delle persone e il progetto.

Family Business (1997) è il progetto fondativo di questo percorso, condotto a partire dall’analisi dei comportamenti delle persone nella quotidianità. Il progetto ripensa i luoghi della vita quotidiana e propone nuovi spazi ibridi fra la casa e il lavoro. A questo sono seguiti una grande quantità di workshop con gli studenti, ricerche e mostre orientate a far intravedere possibilità, idee, soluzioni non ancora inserite in un sistema economico. In tempi non sospetti aveva immaginato un ecosistema integrato con “servizi condivisi, nuove attività e relazioni in sintonia col territorio”. Da sempre fautore di un senso ampio della parola e della pratica di progetto – fatto di sinergia e collaborazioni tra saperi, persone competenti e conoscenze –, con Microrealities (presentato alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2004) lega sociologia e urbanistica.

L’indagine progettuale di Aldo osserva l’ambiente costruito a partire da un altro punto di vista e da una diversa scala. Al centro è sempre l’individuo, con il suo complesso sistema di relazioni, con la sua capacità di immaginare e inventare, di scoprire il nuovo e di approfittare delle opportunità dei cambiamenti.

Come scritto da Branzi, Cibic definisce il “progetto non come una forma, ma come una energia di relazione, come una occasione per attivare nuovi rapporti e attività tra le persone, e tra queste e gli oggetti. Il suo programma per fare ginnastica in casa (Smart Home Fitness, del 1998) ne è una dimostrazione chiara, dove gusto, salute, forza e cultura sono facce della stessa attitudine vitale” .

Fino a ripensare all’idea stessa di felicità, con Rethinking Happiness, da cui è tratto il brano iniziale, presentato alla Biennale di Architettura di Venezia del 2010.

Leggi l’articolo
April 23, 2020
Attualità
Written by
Share:
Do you want to read it in English?
Switch to English
Vuoi leggerlo in italiano?
Cambia in Italiano
Quello che ancora c'è da fare.