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Intelligenza Artificiale: verso la carta aumentata?
2/12/2024
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L’intelligenza artificiale generativa ha, soprattutto negli ultimi due anni, mostrato i muscoli al mondo a dispetto di chi solo poco tempo fa definiva questo filone "semplicemente un nuovo tipo di algoritmi".  I motivi della recente accelerazione sono apparentemente chiari, in quanto gli ambiti in cui si sta maggiormente ampliando il suo utilizzo sono proprio quelli che hanno contribuito ad alimentarla: produzione di immagini, in quantità prima inimmaginabile, e testi, non soltanto nel settore della comunicazione e dell’editoria, ma anche e soprattutto le nostre conversazioni e interazioni on line, come forum, blog, articoli di giornale. Tutto questo ha generato un’immensa quantità di dati.

Torniamo a qualche anno fa e immaginiamo di trovarci nell’anno 2013, e, in qualità di architetti o ingegneri, con una particolare consapevolezza della politica UK sul BIM, espressa nelle celebri PAS 1192, le normative che disciplinavano e programmavano la progressiva introduzione di modalità evolute di progettazione e gestione degli edifici, che si spingevano fino a scenari allora non ancora possibili, poi rivelatisi reali nel corso degli anni. Si pensi ai concetti di BIM connesso e real time, allora agli albori, oggi realtà quotidiana in gran parte dei progetti.

A partire da quel momento si è messa in moto un’evoluzione interessante nel mondo dell’architettura e delle costruzioni: prima gli studi e le aziende di una certa dimensione e le università più all’avanguardia, poi imprese di costruzioni e studi più piccoli, hanno fatto emergere queste metodologie fino a creare un movimento che è arrivato negli anni a produrre normative e inserirsi nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Parallelamente, e grazie a questi decreti, si è iniziato a parlare molto di model checking e di quello che le amministrazioni pubbliche “avrebbero-dovuto-fare” per abbracciare questa logica e sfruttare al meglio la digitalizzazione. La digitalizzazione dei servizi al cittadino e ai tecnici è andata, però, in una diversa direzione, se non opposta, con la creazione di piattaforme molto più convenzionali, come ad esempio quelle relative al protocollo delle pratiche amministrative, basate sempre e comunque sui PDF e su un’interpretazione del digitale…molto cartacea.

Torniamo a oggi e proviamo a rimettere in relazione le due cose: siamo sicuri che le scelte legate alle logiche cartacee siano state delle scelte cieche? Cosa potrebbe fare un’amministrazione pubblica oggi con la quantità di dati raccolti sulla città e gli edifici, in termini di checking, se abilitata da una IA?
Cosa succederebbe se “allenassimo” una IA con gli elaborati grafici delle pratiche amministrative degli ultimi 50 anni, come fatto dai colossi digitali con le nostre fotografie delle vacanze e dei compleanni?

Uno scenario possibile è quello in cui le tecnologie che oggi chiamiamo BIM siano sorpassate da qualcosa di molto più vicino alla carta stampata, alle “buone vecchie tavole”, o, perché no, alla carta da schizzo tanto cara agli architetti.  

Oggi per l’IA, possono essere più importanti i pixel, da cui apprendere in base alla loro successione e ricorrenza, rispetto agli "elementi intelligenti" del BIM (come li avremmo chiamati nel 2013). Potremmo ritrovarci a generare elaborati e disegni tramite prompting o tramite disegno a mano libera “aumentato” in modo generativo.

Sarebbe un cerchio che si chiude di notevole ampiezza: dal disegno e la carta, al computer, per tornare al disegno e alla carta.

Eppure qualche anno fa ci saremmo chiesti: ma come si può paragonare un database strutturato a un foglio di carta scansionato? Un’ulteriore evoluzione è quella in cui proviamo a immaginare cosa possa fare un IA se alimentata e allenata su modelli BIM: la stessa capacità di riconoscere un volto nella sua crescita-invecchiamento, applicata a tipologie edilizie, layout e tecnologie impiegate. Quanto avanti potremo arrivare con un IA di questo tipo? Potrebbe portarci in un mondo in cui veramente gli elaborati e la loro visualizzazione realistica sono uniti indissolubilmente, e magari anche analizzati insieme con l’ausilio di un visore?

Lavanzamento dei modelli di IA degli ultimi due anni, soprattutto a cavallo tra generazione immagini e modelli linguistici, ci porta a immaginare uno scenario di avvicinamento e mediazione tra tutta la parte analogica, tradizionalmente appannaggio degli architetti (disegno a mano libera, schemi etc), e la parte numerica e computazionale.

Ci immaginiamo un futuro in cui tutto ciò che siamo in grado di esprimere con un gesto possa legarsi al digitale in maniera più intuitiva e connessa, garantendo gli aspetti positivi di due approcci che negli ultimi 20 anni si erano allontanati l’uno dall’altro, la “mano libera” e il “data driven design”.

Emerge poi un altro tema, legato al significato e al contenuto del nostro lavoro. Nel mondo della stampa, il fenomeno delle fake news, che conosciamo ormai da qualche anno, si trova di fronte a un’onda anomala: le immagini generate dalle IA hanno ormai raggiunto un livello qualitativo che le rende praticamente indistinguibili dalla realtà, consentendo la creazione di reportage fotografici di eventi mai avvenuti, ambientati in luoghi reali. Se in questo campo il dilemma davanti al quale ci troviamo è quello della distinzione tra il Vero e il Falso, tra un evento avvenuto e un evento mai avvenuto, i temi delle nostre professioni tecniche sono diversi.

Il progetto è tutto “falso”, nel senso che è (ancora) un prodotto intellettuale intangibile, espresso “solamente” da elaborati, modelli, relazioni, calcoli.


Sono tante le domande che sorgono spontanee.

Nel momento in cui un’intelligenza artificiale fosse, ad esempio, capace di produrre un progetto sulla base di un nostro input, si sposterà solamente più in alto l’asticella, e avremo molto da guadagnare in qualità ed efficienza, oppure non saremo più in grado di progettare? Uno dei possibili rischi è che si crei una situazione di ripetibilità estrema, un manierismo in cui tutto è sempre solamente la ripetizione di uno stile esistente.

Nascerebbe mai una Zaha Hadid in un mondo così?

Facilmente un IA troverà nell’off site e nella prefabbricazione una logica vincente per l’industria delle costruzioni. Che domande dovremo farci sul futuro delle nostre città, oltre che delle nostre professioni?

E ancora viene da chiedersi: Come potranno gli architetti passare da quella fase di operatività e creazione molto formativa, acquisire seniority, se avranno sempre a disposizione la IA? Gli uffici non serviranno più, per lasciare spazio solo a residenza e servizi, per una umanità divenuta esclusivamente consumatrice?

Saremo in grado, dopo anni di pensiero aumentato, di pensare da soli?

In ogni caso, appare ormai chiaro che la generazione di immagini, testi, e video sia un punto molto specifico, per quanto maggioritario, da cui guardare questa vicenda, che può trarci in inganno sulla reale portata di questi cambiamenti. Tutte queste “domande dal futuro” mi hanno riportato indietro a un racconto di Asimov, che ricordo distintamente sul libro di testo della quinta elementare: Nove Volte Sette, in cui, in un contesto di Repubbliche Intergalattiche e guerre stellari portate avanti da macchine “calcolatrici”, un uomo riscopre la possibilità di fare i calcoli a mano, senza calcolatrice.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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Nove Volte Sette

L’intelligenza artificiale generativa ha, soprattutto negli ultimi due anni, mostrato i muscoli al mondo a dispetto di chi solo poco tempo fa definiva questo filone "semplicemente un nuovo tipo di algoritmi".  I motivi della recente accelerazione sono apparentemente chiari, in quanto gli ambiti in cui si sta maggiormente ampliando il suo utilizzo sono proprio quelli che hanno contribuito ad alimentarla: produzione di immagini, in quantità prima inimmaginabile, e testi, non soltanto nel settore della comunicazione e dell’editoria, ma anche e soprattutto le nostre conversazioni e interazioni on line, come forum, blog, articoli di giornale. Tutto questo ha generato un’immensa quantità di dati.

Torniamo a qualche anno fa e immaginiamo di trovarci nell’anno 2013, e, in qualità di architetti o ingegneri, con una particolare consapevolezza della politica UK sul BIM, espressa nelle celebri PAS 1192, le normative che disciplinavano e programmavano la progressiva introduzione di modalità evolute di progettazione e gestione degli edifici, che si spingevano fino a scenari allora non ancora possibili, poi rivelatisi reali nel corso degli anni. Si pensi ai concetti di BIM connesso e real time, allora agli albori, oggi realtà quotidiana in gran parte dei progetti.

A partire da quel momento si è messa in moto un’evoluzione interessante nel mondo dell’architettura e delle costruzioni: prima gli studi e le aziende di una certa dimensione e le università più all’avanguardia, poi imprese di costruzioni e studi più piccoli, hanno fatto emergere queste metodologie fino a creare un movimento che è arrivato negli anni a produrre normative e inserirsi nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Parallelamente, e grazie a questi decreti, si è iniziato a parlare molto di model checking e di quello che le amministrazioni pubbliche “avrebbero-dovuto-fare” per abbracciare questa logica e sfruttare al meglio la digitalizzazione. La digitalizzazione dei servizi al cittadino e ai tecnici è andata, però, in una diversa direzione, se non opposta, con la creazione di piattaforme molto più convenzionali, come ad esempio quelle relative al protocollo delle pratiche amministrative, basate sempre e comunque sui PDF e su un’interpretazione del digitale…molto cartacea.

Torniamo a oggi e proviamo a rimettere in relazione le due cose: siamo sicuri che le scelte legate alle logiche cartacee siano state delle scelte cieche? Cosa potrebbe fare un’amministrazione pubblica oggi con la quantità di dati raccolti sulla città e gli edifici, in termini di checking, se abilitata da una IA?
Cosa succederebbe se “allenassimo” una IA con gli elaborati grafici delle pratiche amministrative degli ultimi 50 anni, come fatto dai colossi digitali con le nostre fotografie delle vacanze e dei compleanni?

Uno scenario possibile è quello in cui le tecnologie che oggi chiamiamo BIM siano sorpassate da qualcosa di molto più vicino alla carta stampata, alle “buone vecchie tavole”, o, perché no, alla carta da schizzo tanto cara agli architetti.  

Oggi per l’IA, possono essere più importanti i pixel, da cui apprendere in base alla loro successione e ricorrenza, rispetto agli "elementi intelligenti" del BIM (come li avremmo chiamati nel 2013). Potremmo ritrovarci a generare elaborati e disegni tramite prompting o tramite disegno a mano libera “aumentato” in modo generativo.

Sarebbe un cerchio che si chiude di notevole ampiezza: dal disegno e la carta, al computer, per tornare al disegno e alla carta.

Eppure qualche anno fa ci saremmo chiesti: ma come si può paragonare un database strutturato a un foglio di carta scansionato? Un’ulteriore evoluzione è quella in cui proviamo a immaginare cosa possa fare un IA se alimentata e allenata su modelli BIM: la stessa capacità di riconoscere un volto nella sua crescita-invecchiamento, applicata a tipologie edilizie, layout e tecnologie impiegate. Quanto avanti potremo arrivare con un IA di questo tipo? Potrebbe portarci in un mondo in cui veramente gli elaborati e la loro visualizzazione realistica sono uniti indissolubilmente, e magari anche analizzati insieme con l’ausilio di un visore?

Lavanzamento dei modelli di IA degli ultimi due anni, soprattutto a cavallo tra generazione immagini e modelli linguistici, ci porta a immaginare uno scenario di avvicinamento e mediazione tra tutta la parte analogica, tradizionalmente appannaggio degli architetti (disegno a mano libera, schemi etc), e la parte numerica e computazionale.

Ci immaginiamo un futuro in cui tutto ciò che siamo in grado di esprimere con un gesto possa legarsi al digitale in maniera più intuitiva e connessa, garantendo gli aspetti positivi di due approcci che negli ultimi 20 anni si erano allontanati l’uno dall’altro, la “mano libera” e il “data driven design”.

Emerge poi un altro tema, legato al significato e al contenuto del nostro lavoro. Nel mondo della stampa, il fenomeno delle fake news, che conosciamo ormai da qualche anno, si trova di fronte a un’onda anomala: le immagini generate dalle IA hanno ormai raggiunto un livello qualitativo che le rende praticamente indistinguibili dalla realtà, consentendo la creazione di reportage fotografici di eventi mai avvenuti, ambientati in luoghi reali. Se in questo campo il dilemma davanti al quale ci troviamo è quello della distinzione tra il Vero e il Falso, tra un evento avvenuto e un evento mai avvenuto, i temi delle nostre professioni tecniche sono diversi.

Il progetto è tutto “falso”, nel senso che è (ancora) un prodotto intellettuale intangibile, espresso “solamente” da elaborati, modelli, relazioni, calcoli.


Sono tante le domande che sorgono spontanee.

Nel momento in cui un’intelligenza artificiale fosse, ad esempio, capace di produrre un progetto sulla base di un nostro input, si sposterà solamente più in alto l’asticella, e avremo molto da guadagnare in qualità ed efficienza, oppure non saremo più in grado di progettare? Uno dei possibili rischi è che si crei una situazione di ripetibilità estrema, un manierismo in cui tutto è sempre solamente la ripetizione di uno stile esistente.

Nascerebbe mai una Zaha Hadid in un mondo così?

Facilmente un IA troverà nell’off site e nella prefabbricazione una logica vincente per l’industria delle costruzioni. Che domande dovremo farci sul futuro delle nostre città, oltre che delle nostre professioni?

E ancora viene da chiedersi: Come potranno gli architetti passare da quella fase di operatività e creazione molto formativa, acquisire seniority, se avranno sempre a disposizione la IA? Gli uffici non serviranno più, per lasciare spazio solo a residenza e servizi, per una umanità divenuta esclusivamente consumatrice?

Saremo in grado, dopo anni di pensiero aumentato, di pensare da soli?

In ogni caso, appare ormai chiaro che la generazione di immagini, testi, e video sia un punto molto specifico, per quanto maggioritario, da cui guardare questa vicenda, che può trarci in inganno sulla reale portata di questi cambiamenti. Tutte queste “domande dal futuro” mi hanno riportato indietro a un racconto di Asimov, che ricordo distintamente sul libro di testo della quinta elementare: Nove Volte Sette, in cui, in un contesto di Repubbliche Intergalattiche e guerre stellari portate avanti da macchine “calcolatrici”, un uomo riscopre la possibilità di fare i calcoli a mano, senza calcolatrice.

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