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Il senso del percorso
15/12/2022
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“Molte persone vanno a pescare tutta la vita senza sapere che non è il pesce quello che vanno cercando.”

Henry David Thoreau

Ho sempre pensato che questa frase racchiudesse una grande verità; e non solo per i pescatori. Nel lavoro anche io ho imparato presto a parlare di obiettivi e risultati, d’altronde non esiste progetto senza meta, così come non esiste crescita senza risultati. Io credo che chi dice di giocare solo per divertirsi e non per vincere menta.

Ciò detto, bisogna ammettere che forse riponiamo la maggior parte delle nostre aspettative nell’obiettivo piuttosto che nel percorso. Eppure a rifletterci bene, il primo spesso dura un attimo, il secondo, al contrario, è facile che duri giorni, mesi o anni interi.

In questo senso imparare ad amare tutto quel lavoro che non è di per sé l’obiettivo, ma ciò che ci porta a raggiungerlo diventa prezioso per godere di tutto il “viaggio”.

Questo io, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non l’ho scoperto in ufficio o alla scrivania, ma sugli scogli in mezzo al mare e nei torrenti gelidi di montagna.

Ho iniziato a pescare da piccolissimo, insieme a mio zio e mio cugino. Passavamo giornate intere sul molo, a Sirolo, con la canna in mano e la lenza in acqua. Ogni pesce preso era una festa e l’idea che bastasse quel filo quasi invisibile, per carpire qualcosa di quel mondo misterioso nascosto sotto al blu, mi esaltava e mi affascinava.

Da quel momento mi sono ‘ammalato’ di pesca, e non mi è più passata.

Pescavo ovunque, appena ne avevo l’occasione. Bastava trovare uno specchio d’acqua, per il resto mi arrangiavo: un qualsiasi bastone diventava una canna, filo e amo li portavo sempre dietro, le esche, le più disparate. Ricordo di una volta in cui, insieme a mio fratello, provammo a catturare i pesci di una fontana in pieno centro di un paese. Lenza alla mano, amo e una Big Babol come esca. Ci accorgemmo che forse non era stata una grande idea soltanto quando un pesce abboccò, agitando noi tanto quanto la folla di signori anziani in piazza che fino a quel momento non si erano accorti di niente.

Una bella ramanzina e finita lì.

Negli anni la mia tecnica di pesca, per fortuna, si è perfezionata e in particolare ho coltivato una tecnica chiamata spinning, che consiste pescare non più con amo ed esca viva (vermi, larve etc.. ), ma con degli artificiali (dotati di ami) che imitano nelle fattezze e nel movimento dei veri e propri pesci attirando così la curiosità dei pesci predatori.

Si dice che nella pesca è più ciò che dai di quello che ti torna indietro.

Questa è un’altra grande verità, soprattutto quando si parla di tecniche molto specifiche come lo spinning, dove non si tira su “tutto quel che passa il convento”, ma si tratta di attirare pesci predatori specifici, come le spigole, i pesci serra, le ricciole, i dentici o i barracuda - in acque salate - oppure trote, lucci e salmerini - in acque dolci.

Il risultato? Tante sveglie all’alba, perché a pesca si va nei momenti di cambio luce, tante ore in piedi sulle scogliere più improbabili, tanto freddo e vento e soprattutto tanta, tantissima pazienza. E ancora tante ore spese a preparare l’attrezzatura per la battuta di pesca, tanto studio delle maree e delle condizioni metereologiche più favorevoli e, per non farsi mancare niente, tanti sfottò di amici e parenti che si aspettano un tonno rosso da 50 kg ad ogni tuo ritorno dall’uscita di pesca. Poi, raramente, capita anche di prendere un bel pesce.

Detta così può non sembrare l’attività più esaltante del mondo, e in effetti la pesca o la ami o la odi.

Ma tutto cambia quando si comincia ad amare il “processo”, quando capisci che il bello della pesca non è solo il pesce che prendi, ma anche tutto ciò che “catturi” prima: la pazienza, nelle tante uscite a vuoto, la costanza, nel dedicare tempo e cura, la precisione, nel preparare l’attrezzatura, il saper accettare con serenità le sconfitte e il saper dare il giusto valore all’apprendimento nel tentativo di raggiungere l’obiettivo finale.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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Stefano Tosoni

Ho studiato interior design con indirizzo in scenografia degli eventi. Ora mi occupo di marketing, come grafico. Difficile identificarsi in una professione, ma per questo c'è ancora un sacco di tempo. La mia casa si divide tra la chiassosa Milano e le gelide acque dei torrenti in montagna.

December 15, 2022
Addirittura
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December 15, 2022

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“Molte persone vanno a pescare tutta la vita senza sapere che non è il pesce quello che vanno cercando.”

Henry David Thoreau

Ho sempre pensato che questa frase racchiudesse una grande verità; e non solo per i pescatori. Nel lavoro anche io ho imparato presto a parlare di obiettivi e risultati, d’altronde non esiste progetto senza meta, così come non esiste crescita senza risultati. Io credo che chi dice di giocare solo per divertirsi e non per vincere menta.

Ciò detto, bisogna ammettere che forse riponiamo la maggior parte delle nostre aspettative nell’obiettivo piuttosto che nel percorso. Eppure a rifletterci bene, il primo spesso dura un attimo, il secondo, al contrario, è facile che duri giorni, mesi o anni interi.

In questo senso imparare ad amare tutto quel lavoro che non è di per sé l’obiettivo, ma ciò che ci porta a raggiungerlo diventa prezioso per godere di tutto il “viaggio”.

Questo io, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non l’ho scoperto in ufficio o alla scrivania, ma sugli scogli in mezzo al mare e nei torrenti gelidi di montagna.

Ho iniziato a pescare da piccolissimo, insieme a mio zio e mio cugino. Passavamo giornate intere sul molo, a Sirolo, con la canna in mano e la lenza in acqua. Ogni pesce preso era una festa e l’idea che bastasse quel filo quasi invisibile, per carpire qualcosa di quel mondo misterioso nascosto sotto al blu, mi esaltava e mi affascinava.

Da quel momento mi sono ‘ammalato’ di pesca, e non mi è più passata.

Pescavo ovunque, appena ne avevo l’occasione. Bastava trovare uno specchio d’acqua, per il resto mi arrangiavo: un qualsiasi bastone diventava una canna, filo e amo li portavo sempre dietro, le esche, le più disparate. Ricordo di una volta in cui, insieme a mio fratello, provammo a catturare i pesci di una fontana in pieno centro di un paese. Lenza alla mano, amo e una Big Babol come esca. Ci accorgemmo che forse non era stata una grande idea soltanto quando un pesce abboccò, agitando noi tanto quanto la folla di signori anziani in piazza che fino a quel momento non si erano accorti di niente.

Una bella ramanzina e finita lì.

Negli anni la mia tecnica di pesca, per fortuna, si è perfezionata e in particolare ho coltivato una tecnica chiamata spinning, che consiste pescare non più con amo ed esca viva (vermi, larve etc.. ), ma con degli artificiali (dotati di ami) che imitano nelle fattezze e nel movimento dei veri e propri pesci attirando così la curiosità dei pesci predatori.

Si dice che nella pesca è più ciò che dai di quello che ti torna indietro.

Questa è un’altra grande verità, soprattutto quando si parla di tecniche molto specifiche come lo spinning, dove non si tira su “tutto quel che passa il convento”, ma si tratta di attirare pesci predatori specifici, come le spigole, i pesci serra, le ricciole, i dentici o i barracuda - in acque salate - oppure trote, lucci e salmerini - in acque dolci.

Il risultato? Tante sveglie all’alba, perché a pesca si va nei momenti di cambio luce, tante ore in piedi sulle scogliere più improbabili, tanto freddo e vento e soprattutto tanta, tantissima pazienza. E ancora tante ore spese a preparare l’attrezzatura per la battuta di pesca, tanto studio delle maree e delle condizioni metereologiche più favorevoli e, per non farsi mancare niente, tanti sfottò di amici e parenti che si aspettano un tonno rosso da 50 kg ad ogni tuo ritorno dall’uscita di pesca. Poi, raramente, capita anche di prendere un bel pesce.

Detta così può non sembrare l’attività più esaltante del mondo, e in effetti la pesca o la ami o la odi.

Ma tutto cambia quando si comincia ad amare il “processo”, quando capisci che il bello della pesca non è solo il pesce che prendi, ma anche tutto ciò che “catturi” prima: la pazienza, nelle tante uscite a vuoto, la costanza, nel dedicare tempo e cura, la precisione, nel preparare l’attrezzatura, il saper accettare con serenità le sconfitte e il saper dare il giusto valore all’apprendimento nel tentativo di raggiungere l’obiettivo finale.

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