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Esserci è un privilegio

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18/7/2023
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L’altra sera stavo vedendo un documentario sulla squadra italiana di tennis che ha vinto la nostra unica coppa Davis.

In quel documentario Panatta, oggi un signore di 73 anni che nel 1976 oltre alla Davis ha vinto gli Internazionali a Roma e il Roland Garros a Parigi, racconta un episodio curioso. Stava giocando molto male il primo set di un match al Foro Italico. È sotto 5 a 0 quando uno spettatore, che lui descrive imponente e in canottiera, nel silenzio totale lo insulta. Panatta si scuote. Passa dal 5 a 0 al 5 a 5 e finisce vincendo il match. Poi si volge verso gli spalti e cerca con gli occhi chi lo aveva insultato, lo trova, gli sorride e l'altro gli risponde sorridendo con il pollice alzato.

Tutto avviene in un luogo: gli sfidanti sul campo rosso e gli spettatori intorno. Un luogo dedicato alle gesta sportive, un luogo di aggregazione e di condivisione di gioie e dispiaceri.

Dove immaginiamo una separazione fra chi agisce e chi guarda e dove avviene in un lampo un’inversione di ruoli.

Il protagonista diventa lo spettatore che cambia l’inerzia della partita, che dà voce al sentimento di frustrazione del pubblico, che rivendica il suo diritto a vedere una bella partita. Panatta capisce in un attimo che non esiste solo lui, che non ha il diritto di lasciarsi andare, che ha dei doveri nei confronti di se stesso e della comunità che è lì per lui, per vederlo e per sostenerlo.

Tutto avviene in un luogo, dove siamo presenti.

Dove i nostri corpi giocano un ruolo fondamentale. Sappiamo dagli studi di neuroscienza che tutto il nostro corpo è coinvolto nella percezione, non solo la vista, non solo il cervello. Se una volta pensavamo di essere il nostro cervello, oggi sappiamo che non è così. Sappiamo che la pelle e l’intestino, solo per fare un esempio, sono essenziali nel dare un senso alle nostre esperienze, alla generazione dei nostri sentimenti.

Come scrive Damasio “i sentimenti non sono puramente mentali, sono ibridi di mente e corpo, fanno disinvoltamente la spola tra i due”.

In questi anni stiamo facendo esperienze reali, mediate dalle possibilità offerte dal mondo digitale. Possiamo lavorare a distanza e partecipare agli eventi del mondo, come spettatori o come protagonisti mediati dalla tecnologia. È bello, ma rischia di impigrirci. È troppo comodo e si sa che le cose comode ci tentano. Se una volta pensavamo che il corpo fosse utile al cervello per farsi portare in giro, oggi è il cervello che deve chiedere al corpo di muoversi, di vincere la pigrizia e di accompagnarlo nel mondo, perché senza il corpo la sua capacità di funzionamento è ridotta, le decisioni non sono appropriate.

Per questo è un privilegio potersi muovere, essere nei posti dove succedono le cose che ci riguardano, partecipare, dire la nostra, ascoltare i pensieri degli altri, senza paura di essere giudicati, senza paura di non essere all’altezza.

Esserci per imparare meglio e più velocemente, esserci per insegnare meglio, soprattutto i modi di fare, la conoscenza implicita. Esserci: non "tutti bravi dal divano" ma "siamo tutti convocati" per citare due trasmissioni di questi anni.

Noi, tutti noi, da quelli più estroversi a quelli più introversi, dagli stalker ai sociopatici, abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi.

Abbiamo bisogno di uno sguardo sincero che si posi su di noi.

Noi non siamo soli, anche se a volte ci sentiamo soli. Se qualcuno ci guarda sentiamo di valere qualcosa. E noi abbiamo il dovere di volgere il nostro sguardo sulle persone che ci sono vicine. È un gioco di sguardi, di mutua e muta valorizzazione che aiuta a creare un rapporto.

Noi non siamo mai soli, la nostra struttura mentale è legata al mondo di cui facciamo parte, il nostro modo di affrontare le sfide dipende dalle persone che ci stanno intorno. Qualcuno dice che siamo un mix delle cinque persone che frequentiamo di più. Vale la pena di sceglierci bene!

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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July 18, 2023
Redazionale
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July 18, 2023

Esserci è un privilegio

L’altra sera stavo vedendo un documentario sulla squadra italiana di tennis che ha vinto la nostra unica coppa Davis.

In quel documentario Panatta, oggi un signore di 73 anni che nel 1976 oltre alla Davis ha vinto gli Internazionali a Roma e il Roland Garros a Parigi, racconta un episodio curioso. Stava giocando molto male il primo set di un match al Foro Italico. È sotto 5 a 0 quando uno spettatore, che lui descrive imponente e in canottiera, nel silenzio totale lo insulta. Panatta si scuote. Passa dal 5 a 0 al 5 a 5 e finisce vincendo il match. Poi si volge verso gli spalti e cerca con gli occhi chi lo aveva insultato, lo trova, gli sorride e l'altro gli risponde sorridendo con il pollice alzato.

Tutto avviene in un luogo: gli sfidanti sul campo rosso e gli spettatori intorno. Un luogo dedicato alle gesta sportive, un luogo di aggregazione e di condivisione di gioie e dispiaceri.

Dove immaginiamo una separazione fra chi agisce e chi guarda e dove avviene in un lampo un’inversione di ruoli.

Il protagonista diventa lo spettatore che cambia l’inerzia della partita, che dà voce al sentimento di frustrazione del pubblico, che rivendica il suo diritto a vedere una bella partita. Panatta capisce in un attimo che non esiste solo lui, che non ha il diritto di lasciarsi andare, che ha dei doveri nei confronti di se stesso e della comunità che è lì per lui, per vederlo e per sostenerlo.

Tutto avviene in un luogo, dove siamo presenti.

Dove i nostri corpi giocano un ruolo fondamentale. Sappiamo dagli studi di neuroscienza che tutto il nostro corpo è coinvolto nella percezione, non solo la vista, non solo il cervello. Se una volta pensavamo di essere il nostro cervello, oggi sappiamo che non è così. Sappiamo che la pelle e l’intestino, solo per fare un esempio, sono essenziali nel dare un senso alle nostre esperienze, alla generazione dei nostri sentimenti.

Come scrive Damasio “i sentimenti non sono puramente mentali, sono ibridi di mente e corpo, fanno disinvoltamente la spola tra i due”.

In questi anni stiamo facendo esperienze reali, mediate dalle possibilità offerte dal mondo digitale. Possiamo lavorare a distanza e partecipare agli eventi del mondo, come spettatori o come protagonisti mediati dalla tecnologia. È bello, ma rischia di impigrirci. È troppo comodo e si sa che le cose comode ci tentano. Se una volta pensavamo che il corpo fosse utile al cervello per farsi portare in giro, oggi è il cervello che deve chiedere al corpo di muoversi, di vincere la pigrizia e di accompagnarlo nel mondo, perché senza il corpo la sua capacità di funzionamento è ridotta, le decisioni non sono appropriate.

Per questo è un privilegio potersi muovere, essere nei posti dove succedono le cose che ci riguardano, partecipare, dire la nostra, ascoltare i pensieri degli altri, senza paura di essere giudicati, senza paura di non essere all’altezza.

Esserci per imparare meglio e più velocemente, esserci per insegnare meglio, soprattutto i modi di fare, la conoscenza implicita. Esserci: non "tutti bravi dal divano" ma "siamo tutti convocati" per citare due trasmissioni di questi anni.

Noi, tutti noi, da quelli più estroversi a quelli più introversi, dagli stalker ai sociopatici, abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi.

Abbiamo bisogno di uno sguardo sincero che si posi su di noi.

Noi non siamo soli, anche se a volte ci sentiamo soli. Se qualcuno ci guarda sentiamo di valere qualcosa. E noi abbiamo il dovere di volgere il nostro sguardo sulle persone che ci sono vicine. È un gioco di sguardi, di mutua e muta valorizzazione che aiuta a creare un rapporto.

Noi non siamo mai soli, la nostra struttura mentale è legata al mondo di cui facciamo parte, il nostro modo di affrontare le sfide dipende dalle persone che ci stanno intorno. Qualcuno dice che siamo un mix delle cinque persone che frequentiamo di più. Vale la pena di sceglierci bene!

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July 18, 2023
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