Progettare spazi per dare risposte
Data Centers of the future are here
MAPIC Italy 2019: anche quest'anno Lombardini22 tra i presenti per trovare nuova ispirazione e fare rete con i principali player italiani. Un'occasione in più per raccontare il nostro approccio al Retail Design. La nostra visione è essenziale: progettare spazi commerciali significa dare risposte tangibili ad esigenze reali. Generare valore per la città - e le comunità che la abitano - attraverso l'individuazione dei bisogni del bacino di utenza. Progettare Retail significa soprattutto ascoltare, comprendere e immaginare, per dare le giuste risposte.
In questa intervista rilasciata a Trasporti & Cultura, a cura di Laura Facchinelli e Oriana Giovinazzi, il nostro Director L22 Retail Adolfo Suarez ha provato a trasmettere il grande lavoro dietro ad ogni progetto Retail, l'analisi e la ricerca preliminare che precedono lo sviluppo di un concept progettuale.
T&C – Architetto Suarez Ferreiro, la nostra rivista apre a un tema che consideriamo molto importante: quello dei centri commerciali. Importante perché questi luoghi (definiti da un noto antropologo “non-luoghi”) sono lo specchio del nostro tempo e una costruzione di futuro. Nel senso che committenti e progettisti avvertono l’urgenza – oggi più che mai – di seguire nuove forme e finalità. E nel far questo intuiscono, assecondano e, in qualche modo influenzano bisogni e comportamenti dei singoli. Sappiamo che Lombardini22 è molto impegnata nella progettazione dei centri commerciali. Vorremmo prendere spunto dal suo libro recentemente pubblicato da Hoepli, Progettare il retail. Un percorso nelle forme dei centri commerciali, per chiederle: come prende avvio la progettazione di un centro commerciale? Come si sviluppa la relazione con il cliente?
Adolfo Suarez Ferreiro – Diamo per assodato che siamo in una relazione di fiducia con il cliente, che ha scelto noi perché sa che, su questa tipologia progettuale, siamo degli specialisti. A una struttura come la nostra, quando viene contattata, viene richiesta una consulenza specialistica. Noi abbiamo due settori di attività di progettazione: quello dell’ufficio e quello delle attività commerciali e del tempo libero. Come dicevo, il cliente si rivolge a noi proprio per la specializzazione. Passiamo pertanto alla predisposizione del progetto concreto. Partiamo dalla raccolta delle informazioni, che spesso non vengono dal mondo del cliente, ma da quello delle aziende che compiono indagini di mercato e raccontano le condizioni socioeconomiche e culturali nelle quali il nuovo progetto va a inserirsi. Si calcola qual è la metratura ottimale e qual è il target di riferimento. Questo è il punto di partenza fondamentale per comporre il brief di base della progettazione.
T&C – Nel vostro libro l’elaborazione del brief di progetto è spiegata in modo molto dettagliato ed è illustrata con esempi concreti. Una questione complessa e multidisciplinare che, oltre all’analisi del territorio dal punto di vista delle prospettive commerciali, studia i potenziali frequentatori del centro, i loro comportamenti, i loro segni, gesti, valori. Tenendo conto anche dei contributi delle neuroscienze. Per arrivare a un progetto che, attraverso l’architettura, gli spazi, gli allestimenti, l’illuminazione, i richiami simbolici, i servizi, andrà molto al di là di una semplice offerta di prodotti. Ci vuole raccontare, in sintesi, come si sviluppa il processo, e con quali finalità?
Suarez Ferreiro – Nell’analisi preliminare ci sono gli aspetti della viabilità ed accessibilità dell’area. Sono analisi importanti anche quelle legate alla etnosemiotica, alla lettura del comportamento umano nella geografia del territorio. Il concetto fondamentale è che occorre raccogliere più informazioni possibile su come un luogo possa essere configurato, raggiunto, vissuto, perché dia risposta ai bisogni. L’area di influenza di un centro commerciale può variare dai 5 minuti alla mezz’ora, a un’ora, ma quando si supera l’ora c’è una questione concorrenziale diversa. Meglio si comprende il territorio, migliore è la risposta. È la stessa massima che vale in guerra: più il comandande conosce il territorio, più efficace è la sua azione.
"Nella progettazione ci sono due momenti fondamentali. Il primo momento è la progettazione di un layout funzionale che in qualche modo possa rispondere alle aspettative che tutti questi dati ci hanno fornito: so perché entro, so qual è il percorso, so perché lo faccio.
Una volta definito questo primo step, si chiude una parte del processo. La seconda fase arriva quando capisco che questo processo fa parte di un’esperienza nello spazio, un’esperienza che è legata alla luce, ai materiali, a quello che vedo e che percepisco".
La seconda fase del progetto è quella che solitamente si pensa venga svolta dall’architetto: invece a me piace pensare che l’architetto operi sia nella prima fase del layout che nella seconda fase dell’esperienza dello spazio. Ebbene, in questa seconda fase non c’è un’unica risposta. Noi, tenendo conto di quello che pensa il cliente, cominciamo a costruire un immaginario, che può prendere spunti dal territorio o da altro. Sappiamo che lo spazio in sé non è neutro, ci condiziona e ci influenza, e in questo modo ci posizioniamo. Predisponiamo un disegno, lo mostriamo al cliente, raccogliamo le sue opinioni sugli aspetti che convincono di più o di meno. Su questi aspetti lavoriamo, fino a definire l’oggetto finale.
T&C –Non si tratta più, dunque, di esporre semplicemente prodotti da acquistare: un centro commerciale deve fornire esperienze. Deve creare spazi fisici godibili, capaci di offrire una dimensione personalizzata e coinvolgente, trasformando il “consumatore” in “consum-attore”, che diventa protagonista. E questa è una strategia anche per vincere la sfida con l’ecommerce, che queste esperienze, ovviamente, non le consente (si tratta di una relazione piuttosto asettica). Ma di quali esperienze si tratta? Come vengono proposte, come vengono vissute?
Suarez Ferreiro – La costruzione dello spazio, che aiuta a determinare l’esperienza del vissuto, è un argomento ampio e difficile da sintetizzare. Nel centro commerciale si costruisce un pezzo dell’esperienza: quella del contenitore, all’interno del quale si inseriscono altre attività. L’esperienza primaria dev’essere ben calibrata, perché la ragione per cui una persona visita un centro commerciale non è, in generale, vedere l’architettura del centro, ma fare l’esperienza delle attività che sono insediate all’interno. È chiaro che arrivare al centro commerciale, individuare l’ingresso, trovare l’ambiente neutro che al tempo stesso abbia un certo carattere, tutto questo condiziona la persona. La definizione è attenta a questo percorso: la definizione del contenitore è un pezzo dell’esperienza che poi si fa all’interno della struttura. Per fare un esempio concreto, se uno pensa ad Arese, pensa: vado ad Arese perché c’è Primark. Ci sono più esperienze: la prima è quel che faccio per arrivare fino a Primark, poi c’è l’esperienza dopo che sono arrivato a Primark. Sono piani differenti di esperienza: il contenitore non dev’essere invadente. È la stessa cosa che si verifica in un museo: se io vado a visitare un museo e questo è così impressionante che l’opera d’arte perde di valenza, non so quanto il museo sia positivo… è importante riflettere sull’architettura che si fa contenitore di altre attività.
T&C – Certamente: la gente rimane molto presa da questi effetti scenografici. Voi scrivete che l’architettura è l’espressione del tempo in cui viviamo, è l’espressione più visibile della contemporaneità. Il vostro punto fermo è “l’architettura crea valore”. Cosa intendete, esattamente?
Suarez Ferreiro – Ci piace pensare che – faccio un esempio estremo – costruire una cattedrale gotica oggi sarebbe diverso da quel che era in passato, perché il vissuto è cambiato. Voglio dire che l’architettura oggi non può mimare il passato perché deve, in qualche modo, rispondere al tempo nel quale vive. Ci sono architetti che hanno mimato l’impostazione classica di un palazzo: questo perché parte da una premessa. Un progettista che disegna un centro commerciale somigliante a un palazzo barocco, fa una lettura aspirazionale, nel senso che le persone vogliono vivere il luogo come se fossero all’interno di un palazzo barocco. Atteggiamento certamente valido, ma chi promuove un centro commerciale di impronta classicheggiante lo fa rispondendo al consumatore di oggi: in questo caso risponde all’aspirazione della persona che desidera essere uno shopper all’interno di una forma riconosciuta all’interno della sua memoria. Si può non essere d’accordo, ma anche questo è un modo di rispondere alla contemporaneità.
T&C – Ma in che senso l’architettura, secondo voi, “crea valore”?
Suarez Ferreiro – Nel senso che io sto costruendo un bene che dia risposta a un bisogno. Se io, nella definizione di questo bene, non rispondessi a un bisogno reale, il valore di quel bene verrebbe meno.
T&C – Comunque generalmente si creano strutture legate al contemporaneo anche in termini di forme e materiali. L’architettura dei nuovi centri commerciali, con questa molteplicità di proposte e di “emozioni”, in certo senso è il nostro specchio. Cosa dice del nostro modo di essere?
Suarez Ferreiro – Come quasi tutte le architetture, anche il centro commerciale è uno specchio della società, ne riflette un certo tipo di valori. Oggi la società ha spazi molto diversi, e il centro commerciale è uno di questi specchi. Come è uno specchio il fatto che nelle città si vanno diffondendo i luoghi di ristorazione (a Milano il 50% degli spazi commerciali è stato convertito alla ristorazione). Tutto lo spazio che viviamo è lo specchio della società. L’unica considerazione che vorrei fare è che il centro commerciale è uno “spazio in più” nell’enorme quantità di spazi che appartengono alla società contemporanea. Spazi che possono comprendere la natura e i centri storici riscoperti. Si va anche scoprendo il valore commerciale della cultura (che crea ricchezza, movimento, consumo), e la cultura sta creando spazi che sono, anch’essi, specchio di questa nostra società. In una società strutturata su più livelli, c’è un sistema di ancoraggio dei flussi, che li alimenta e li tiene vivi o li fa morire. È un po’ la metafora del sangue: dove c’è il sangue c’è vita, dove non c’è sangue la vita non c’è. La mia attività mi ha fatto capire i sistemi di ancoraggio. Il sistema commerciale è un sistema di ancoraggio dei percorsi….
T&C – Da anni si coglie un orientamento dell’architettura retail verso una appartenenza/imitazione del paesaggio urbano. Ed ecco che il centro commerciale è diventato la nuova “piazza”, in cui potersi incontrare. Quegli spazi, percepiti come diversi da quelli quotidiani, risultano spettacolari, magnetici. Quali sono, secondo le vostre valutazioni, i punti di attrazione per il visitatore, in questi luoghi così concepiti? E che ne sarà delle piazze delle nostre città, che spesso risulteranno meno attraenti (anche perché abbandonate dal commercio)?
Suarez Ferreiro – Io penso alla metafora della bicicletta: chi non pedala muore. Nella città, c’è bisogno di fare qualcosa per non farla morire. Da vedere chi deve intervenire. Io non penso che morirà, non sono così pessimista neanche riguardo alla questione dell’e-commerce, alla quale prima lei ha fatto cenno. Penso però che viviamo in un mondo dove chi non pedala cade.
"Le strutture commerciali si stanno modificando in profondità, devono evolversi, e così pure la città. Il fatto che una struttura commerciale diventi spettacolare, ritengo che sia un atto di consapevolezza da parte degli sviluppatori, sulla base della richiesta del privato: oggi si deve offrire qualcosa in più dell’aspetto puramente funzionale".
Mi sembra che la città si stia muovendo sulla stessa logica: quella del rifacimento, del recupero delle facciate, dei marciapiedi ecc., allo scopo di attrarre, di non perdere valore. Vedo proprio questa concorrenza positiva, anche nel senso del miglioramento dell’esperienza. In generale, in questa società del consumo evoluto verso la quale procediamo, chi non pedala, cade: si tratta di un processo di selezione naturale.
T&C - Molti dei vostri progetti riguardano interventi su centri commerciali di vecchia concezione, per rivitalizzarli. Quali sono le vostre modalità di intervento, in questi casi?
Suarez Ferreiro – Questo è un tema molto interessante, nel quale lavoriamo da molti anni. Per il recupero di strutture esistenti come Lombardini22 abbiamo sviluppato un vero e proprio know-how. L’investimento che si fa sull’esistente è molto meno facile da determinare, rispetto a quando realizzo una cosa nuova. Quando costruisco una cosa nuova, creo un bene che metto a reddito, capitalizzo la rendita e so il valore di quanto posso investire. Quando intervengo sull’esistente, posso prevedere una perdita o una piccola crescita, ma su un bene che già produce reddito. Il lavoro del progettista in questo caso è difficilissimo: deve tener conto dei soldi a disposizione, che molte volte sono anche pochi, e quindi deve prestare molta attenzione. Deve avere molto rispetto dell’esistente, sul quale fa una specie di ritocco. Abbiamo messo a punto tutta una serie di elementi che crescono su questa idea.
T&C – Ma dal punto di vista visivo, architettonico, puntate sulla conservazione dell’esistente, oppure ci sono – come possiamo pensare - delle modalità per rendere più scenografico, più appetibile questo luogo?
Suarez Ferreiro – L’atteggiamento fondamentale è quello di valorizzare quello che c’è. Si tratta di operare una semplificazione percettiva, di semplificare gli stimoli che uno può ricevere. Si cerca di creare curiosità, introdurre elementi di novità che rinnovino l’interesse delle persone. Qualche volta è importante anche creare, in una sovrapposizione di stimoli di per sé eccitante, spazi che offrano la sensazione del relax. Noi ragioniamo sul contenitore, ma interveniamo anche invitando il cliente a creare nuove attività e a rinnovare quelle esistenti. Si tratta di aiutare le persone ad orientarsi meglio, ad avere una certa comodità nell’uso degli spazi, con punti di sosta ed eventuale inserimento del verde.
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DI OGNUNO
Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.
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