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Data Centers of the future are here

Ingegno collettivo e spazi brillanti
6/11/2018
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Agli albori del cyberspazio, quando la testa iniziava a vagare piena di curiosità in un Internet germinale ma ancora eravamo con i piedi per terra, usciva il libro di Pierre LévyL’intelligenza collettiva (1994). Il filosofo francese, allievo di Michel Serres, vedeva nella rete delle reti l’ambiente potenzialmente più adatto, grazie alla comunicazione permessa dalle (allora) migliaia d’interconnessioni informatiche in tutto il mondo, per lo sviluppo di una società intelligente a livello di massa.

Nel 2016 un altro libro, “La geografia del genio” dell’autore americano Eric Weiner, ragiona intorno ai luoghi dell’intelligenza collettiva e compone una geografia culturale che setaccia la storia alla ricerca dei luoghi in cui si è prodotta “genialità”: dalla Firenze del Rinascimento alla Vienna novecentesca, dall'antica Atene alla Calcutta del XII e il XIII secolo, da Hangzhou ed Edimburgo fino all’odierna Silicon Valley (ovviamente). E sono tutte città, cioè luoghi di assembramento fisico di un gran numero di persone e di scambi continui.

A distanza di più di vent’anni tra loro, entrambi i libri parlano in modo diverso di una stessa cosa: lo scambio di informazioni e conoscenze in quantità di massa come condizione privilegiata per produrre possibili salti di qualità.

Il primo, però, scritto quando il virtuale non era ancora così pervasivo, scommetteva sulla grande “rivoluzione”della rete; il secondo, invece, torna sui luoghi fisici, e non è un caso che lo faccia ora che le interconnessioni sono miliardi e l’immaterialità dell’interazione umana è così assimilata che non vi siamo più immersi solo con la testa ma, come dire, “con tutte le scarpe”: comprese quelle che, sempre di più, compriamo ormai nei negozi virtuali (croce e delizia del “brick and mortar”). E siamo arrivati al Retail.

Tuttavia questa premessa non mira a contrapporre per l’ennesima volta il fisico al virtuale, con tutte le infinite questioni tra commercio tradizionale ed e-commerce, per esempio, ma a introdurre due temi distinti e allo stesso tempo intrecciati tra loro:

1) L’importanza dell’interrogazione dei dati. Che quello scambio sia infatti materiale o in forma di Mbyte, in entrambi i casi si tratta di “dati”. L’enorme quantità di informazioni oggi a disposizione è la più grande opportunità (e difficoltà) che abbiamo per capire una domanda sempre più articolata e complessa. Il tema chiave è allora saper interrogare i dati, selezionarli, visualizzarli e metterli in relazione: ed è un tema fondamentale anche per la qualità del progetto architettonico del Retail, che sempre più deve fornire risposte in termini di “esperienza” spaziale (ma consapevole che anche l’e-commerce è un’esperienza che crea bisogni e aspettative negli utenti). Un’esperienza dello spazio architettonico, quindi, che sia bella e attrattiva. Ma per chi? Saper leggere i dati significa sintonizzarsi con gli utenti, capire il target e le sue necessità, poter definire brief dettagliatissimi: e infine dare risposte adeguate.

2) L’importanza dell’intelligenza collettiva. Le condizioni per produrre qualità – e addirittura “genio” come direbbe Weiner – non sono nell’eccezionalità del singolo ma, piuttosto, nello scambio intersoggettivo, sociale o comunitario che sia, tanto più affinato quanto più corposo. Ciò vale non solo come “input”, come quantità di informazioni in ingresso dalle quali poter attingere (e qui torna il tema del dato), ma anche come “output”, come risposta che il progetto può fornire. Ovvero: dare risposte adeguate ma creative, che sappiano andare oltre i bisogni e le aspettative, non con la presunzione del singolo “genio” autoriale ma facendo leva su un’intelligenza collettiva che ogni singolo progettista contribuisce a costruire,e con tale responsabilità creare bellezza e valore per migliorare, possibilmente, la vita delle persone. E, nel caso del Retail, dei loro acquisti.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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November 6, 2018
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November 6, 2018

Retail Big Data

Agli albori del cyberspazio, quando la testa iniziava a vagare piena di curiosità in un Internet germinale ma ancora eravamo con i piedi per terra, usciva il libro di Pierre LévyL’intelligenza collettiva (1994). Il filosofo francese, allievo di Michel Serres, vedeva nella rete delle reti l’ambiente potenzialmente più adatto, grazie alla comunicazione permessa dalle (allora) migliaia d’interconnessioni informatiche in tutto il mondo, per lo sviluppo di una società intelligente a livello di massa.

Nel 2016 un altro libro, “La geografia del genio” dell’autore americano Eric Weiner, ragiona intorno ai luoghi dell’intelligenza collettiva e compone una geografia culturale che setaccia la storia alla ricerca dei luoghi in cui si è prodotta “genialità”: dalla Firenze del Rinascimento alla Vienna novecentesca, dall'antica Atene alla Calcutta del XII e il XIII secolo, da Hangzhou ed Edimburgo fino all’odierna Silicon Valley (ovviamente). E sono tutte città, cioè luoghi di assembramento fisico di un gran numero di persone e di scambi continui.

A distanza di più di vent’anni tra loro, entrambi i libri parlano in modo diverso di una stessa cosa: lo scambio di informazioni e conoscenze in quantità di massa come condizione privilegiata per produrre possibili salti di qualità.

Il primo, però, scritto quando il virtuale non era ancora così pervasivo, scommetteva sulla grande “rivoluzione”della rete; il secondo, invece, torna sui luoghi fisici, e non è un caso che lo faccia ora che le interconnessioni sono miliardi e l’immaterialità dell’interazione umana è così assimilata che non vi siamo più immersi solo con la testa ma, come dire, “con tutte le scarpe”: comprese quelle che, sempre di più, compriamo ormai nei negozi virtuali (croce e delizia del “brick and mortar”). E siamo arrivati al Retail.

Tuttavia questa premessa non mira a contrapporre per l’ennesima volta il fisico al virtuale, con tutte le infinite questioni tra commercio tradizionale ed e-commerce, per esempio, ma a introdurre due temi distinti e allo stesso tempo intrecciati tra loro:

1) L’importanza dell’interrogazione dei dati. Che quello scambio sia infatti materiale o in forma di Mbyte, in entrambi i casi si tratta di “dati”. L’enorme quantità di informazioni oggi a disposizione è la più grande opportunità (e difficoltà) che abbiamo per capire una domanda sempre più articolata e complessa. Il tema chiave è allora saper interrogare i dati, selezionarli, visualizzarli e metterli in relazione: ed è un tema fondamentale anche per la qualità del progetto architettonico del Retail, che sempre più deve fornire risposte in termini di “esperienza” spaziale (ma consapevole che anche l’e-commerce è un’esperienza che crea bisogni e aspettative negli utenti). Un’esperienza dello spazio architettonico, quindi, che sia bella e attrattiva. Ma per chi? Saper leggere i dati significa sintonizzarsi con gli utenti, capire il target e le sue necessità, poter definire brief dettagliatissimi: e infine dare risposte adeguate.

2) L’importanza dell’intelligenza collettiva. Le condizioni per produrre qualità – e addirittura “genio” come direbbe Weiner – non sono nell’eccezionalità del singolo ma, piuttosto, nello scambio intersoggettivo, sociale o comunitario che sia, tanto più affinato quanto più corposo. Ciò vale non solo come “input”, come quantità di informazioni in ingresso dalle quali poter attingere (e qui torna il tema del dato), ma anche come “output”, come risposta che il progetto può fornire. Ovvero: dare risposte adeguate ma creative, che sappiano andare oltre i bisogni e le aspettative, non con la presunzione del singolo “genio” autoriale ma facendo leva su un’intelligenza collettiva che ogni singolo progettista contribuisce a costruire,e con tale responsabilità creare bellezza e valore per migliorare, possibilmente, la vita delle persone. E, nel caso del Retail, dei loro acquisti.

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