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L’urgenza della città che verrà

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Ripensare il progetto urbano e il rapporto con la natura
5/11/2020
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Si è concluso lo scorso 23 ottobre il Conscious Cities Festival 2020 con l’incontro Energies’ Landscapes, un panel digitale organizzato da Lombardini22 che ha visto coinvolte diverse provenienze disciplinari, come da nostra tradizione, per affrontare insieme il tema della città che verrà, o meglio della città che ci auguriamo possa davvero prendere forma in un futuro non troppo lontano, se solo sapessimo come, e comunque prima che sia troppo tardi.

Iniziare con tale incipit rende subito evidente quanto a muovere qualsiasi dibattito sulla città contemporanea sia oggi un sentimento di urgenza, e come questo sia particolarmente acuito in questo momento di rocambolesca sospensione dell’esistenza che la pandemia sta provocando.

Tanto da spingerci a ripensare la città, i nostri modelli insediativi, il rapporto con la campagna e la natura in relazione ai fondamentali: corpo, alimentazione, energia.

Questo il focus di Energies’ Landscapes, argomento che chiude il ciclo di incontri del Conscious Cities Festival con una certa e in qualche modo indispensabile circolarità.

Già nel primo evento di maggio, infatti, Davide Ruzzon – direttore TUNED, Milano e NAAD Master Iuav, Venezia – affermava:

“Per controllare il consumo esterno dobbiamo iniziare dal risparmio energetico del nostro corpo, e un buon progetto urbano che consideri prioritario il contatto con la natura è di grande aiuto”.

Ruzzon riparte da lì richiamando così il fatto che, se in condizioni di riposo un essere umano adulto consuma circa il 25% dell’energia corporea disponibile, la percentuale aumenta in modo più che proporzionale in condizioni di stress dovuto all’iper-artificialità della nostra condizione urbana: un sovraccarico sensoriale e cognitivo che richiede un iperconsumo di energia, prima, e di conseguenza un iperconsumo di cibo e risorse naturali, come compensazione.

E quale cibo?

Dagli anni 1950 ai 2000 il consumo di carne è passato da 45 a 233 milioni di tonnellate, solo in Cina l’incremento è stato da 13 a 53 kg per persona all’anno in un intervallo molto più breve, d’altra parte nei paesi sviluppati come l’Europa siamo ben piazzati su circa 80 kg. Circa il 60% della produzione di cereali è oggi destinato all’allevamento animale intensivo, l’incidenza globale sui gas climalteranti dei soli bovini è del 7%. Il paesaggio agrario è una diretta conseguenza di questo trend: il modello alimentare determina la forma del rapporto città/campagna (e viceversa, naturalmente).

Ma cosa ci induce a perseverare in tale modello iperproteico e impattante?

Scarica qui il Position Paper

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November 5, 2020
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November 5, 2020

L’urgenza della città che verrà

Si è concluso lo scorso 23 ottobre il Conscious Cities Festival 2020 con l’incontro Energies’ Landscapes, un panel digitale organizzato da Lombardini22 che ha visto coinvolte diverse provenienze disciplinari, come da nostra tradizione, per affrontare insieme il tema della città che verrà, o meglio della città che ci auguriamo possa davvero prendere forma in un futuro non troppo lontano, se solo sapessimo come, e comunque prima che sia troppo tardi.

Iniziare con tale incipit rende subito evidente quanto a muovere qualsiasi dibattito sulla città contemporanea sia oggi un sentimento di urgenza, e come questo sia particolarmente acuito in questo momento di rocambolesca sospensione dell’esistenza che la pandemia sta provocando.

Tanto da spingerci a ripensare la città, i nostri modelli insediativi, il rapporto con la campagna e la natura in relazione ai fondamentali: corpo, alimentazione, energia.

Questo il focus di Energies’ Landscapes, argomento che chiude il ciclo di incontri del Conscious Cities Festival con una certa e in qualche modo indispensabile circolarità.

Già nel primo evento di maggio, infatti, Davide Ruzzon – direttore TUNED, Milano e NAAD Master Iuav, Venezia – affermava:

“Per controllare il consumo esterno dobbiamo iniziare dal risparmio energetico del nostro corpo, e un buon progetto urbano che consideri prioritario il contatto con la natura è di grande aiuto”.

Ruzzon riparte da lì richiamando così il fatto che, se in condizioni di riposo un essere umano adulto consuma circa il 25% dell’energia corporea disponibile, la percentuale aumenta in modo più che proporzionale in condizioni di stress dovuto all’iper-artificialità della nostra condizione urbana: un sovraccarico sensoriale e cognitivo che richiede un iperconsumo di energia, prima, e di conseguenza un iperconsumo di cibo e risorse naturali, come compensazione.

E quale cibo?

Dagli anni 1950 ai 2000 il consumo di carne è passato da 45 a 233 milioni di tonnellate, solo in Cina l’incremento è stato da 13 a 53 kg per persona all’anno in un intervallo molto più breve, d’altra parte nei paesi sviluppati come l’Europa siamo ben piazzati su circa 80 kg. Circa il 60% della produzione di cereali è oggi destinato all’allevamento animale intensivo, l’incidenza globale sui gas climalteranti dei soli bovini è del 7%. Il paesaggio agrario è una diretta conseguenza di questo trend: il modello alimentare determina la forma del rapporto città/campagna (e viceversa, naturalmente).

Ma cosa ci induce a perseverare in tale modello iperproteico e impattante?

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November 5, 2020
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