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Ingegnere tra gli architetti, architetto tra gli ingegneri

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La democrazia progettuale
26/7/2023
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Michele Levati è stato uno dei primi a entrare in Lombardini22 nel 2007, anno della sua fondazione. Allora era un neolaureato in Ingegneria Civile che studiava per una seconda laura in Architettura. Dopo oltre 10 anni di esperienza in grandi studi di progettazione è tornato qui per guidare L22 Civil Engineering. In questa intervista ci racconta la sua visione della progettazione integrata. E democratica, come ama definirla.

Lombardini22: andata e ritorno. Ci racconti?

È stato il mio primo lavoro a Milano. Avevo una laurea in Ingegneria Civile a Parma e mi sono trasferito qui per laurearmi anche in Architettura. Lombardini22 aveva aperto da poco e sono stato, dopo il gruppo storico, uno dei primi “estranei” a entrare. Sono rimasto quasi tre anni. A quei tempi ero ancora ingenuo rispetto al mondo del lavoro, non sapevo come funzionava uno studio grande o uno piccolo, forse non sapevo nemmeno la differenza tra i due.

Via da qui sei stato in Mpartner e poi One Works, un’esperienza totale di circa dieci anni.

In Mpartner ho toccato con mano il cantiere e ho capito che la mia propensione maggiore era seguire lo sviluppo tecnico del progetto. Con One Works poi mi sono lanciato su grandi progetti e sono cresciuto nel design management di grandi commesse soprattutto all’estero: ero responsabile del Middle East, principalmente su progetti in ambito infrastrutturale in Saudi e Qatar. Lì ho potuto conoscere da vicino la complessità della progettazione integrata e ho capito quanto ogni disciplina, principale o specialistica, sia un tassello essenziale del puzzle, quanto ognuna abbia la propria dignità e la stessa importanza. Sta nella capacità del progettista integrato coordinarle in modo armonico e democratico. È una sorta di “democrazia progettuale”.

Ci piace. Spiegaci meglio cosa intendi.

Bisogna ascoltare tutte le parti e dare un ordine di priorità tecnica e fare in modo che il progetto sia bello e che funzioni. Da One Works c’è stato un periodo in cui seguivo contemporaneamente una stazione della metropolitana e un museo, temi all’opposto coordinati con lo stesso approccio progettuale. È così che si mantiene la democrazia nel processo e nel progetto: con l’approccio. L22 Civil Engineering si fonda su questo e vedo che le persone che lavorano con me stanno entrando in quest’ottica.

Quindi, il ritorno qui. Come è successo?

È stato piuttosto casuale. Seguivo Lombardini22 da lontano e con affetto, avevo mantenuto delle amicizie. Ho visto la sua crescita esponenziale, la sua evoluzione. Un giorno mi ha chiamato Juri Franzosi con cui ho fatto una lunga chiacchierata, e poi ho parlato con Franco Guidi. “Vieni e vediamo” mi hanno detto. Per quanto questo invito fosse incerto, ho fatto una scelta epidermica. Da un lato vedere volti familiari e amici allentava il peso della transizione lavorativa che è sempre energivora, dall’altro i tanti senior che mi hanno presentato erano indicatori della quantità di expertise, competenze, e settori che animano oggi Lombardini22. Mi ha dato l’idea di essere un terreno molto fertile, in cui poter crescere.

Cosa non è cambiato di Lombardini22 in questi 15 anni?

Il fatto che oggi come allora Franco conosce i nomi di tutti e si prende ogni giorno il tempo per girare tra i tavoli a chiacchierare. È l’attenzione alle persone: in un’azienda di 400 collaboratori il rischio di passare da persona a numero è alto, ma qui non succede, c’è la cura per le persone di un piccolo studio. E questo, l’attenzione, l’ascolto dell’altro, generano anche opportunità inaspettate. Se qualcuno esprime il desiderio di fare qualcosa si attiva una macchina per incoraggiarlo.

Ti definisci un ingegnere tra gli architetti e un architetto tra gli ingegneri. Ma ti senti più l’uno o l’altro?

Senza dubbio ingegnere, per forma mentis. Ma entrambe le mie formazioni mi hanno permesso di sviluppare una passione e una visione per la parte tecnica intesa come gestione democratica del processo. Per me il progetto architettonico è un prodotto, voglio realizzare l’oggetto bello e che funziona. Oggi è tutto specialistico e l’architetto non è più quello che fa tutto ma è colui che coordina tutti. Parlando con gli specialisti e guidandoli nel loro pensiero verso una visione più ampia si trovano soluzioni.

E la sostenibilità?

È uno specialismo complesso, una vera disciplina, un pezzo del puzzle come tutto il resto. E si riflette dall’impiantistica all’architettura. Per me è l’emblema della progettazione integrata è la facciata. È l’elemento del progetto che raccoglie tutto: architettura, strutture, impiantistica con la parte tecnica, la sostenibilità con i materiali, i consumi energetici. Più la facciata è efficiente, meno consuma. Da lì si genera l’estetica della sostenibilità.

Quale desiderio ti aiuta a realizzare essere qui oggi?

Mi piace seguire progetti complessi e integrati. Mi piace imparare parlando con gli specialisti e aumentare le mie competenze. Mi piacerebbe riprendere anche a seguire progetti all’estero, ma chissà. L’opportunità te la devi andare a prendere, il primo passo è esprimere il desiderio.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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Ingegnere tra gli architetti, architetto tra gli ingegneri

Michele Levati è stato uno dei primi a entrare in Lombardini22 nel 2007, anno della sua fondazione. Allora era un neolaureato in Ingegneria Civile che studiava per una seconda laura in Architettura. Dopo oltre 10 anni di esperienza in grandi studi di progettazione è tornato qui per guidare L22 Civil Engineering. In questa intervista ci racconta la sua visione della progettazione integrata. E democratica, come ama definirla.

Lombardini22: andata e ritorno. Ci racconti?

È stato il mio primo lavoro a Milano. Avevo una laurea in Ingegneria Civile a Parma e mi sono trasferito qui per laurearmi anche in Architettura. Lombardini22 aveva aperto da poco e sono stato, dopo il gruppo storico, uno dei primi “estranei” a entrare. Sono rimasto quasi tre anni. A quei tempi ero ancora ingenuo rispetto al mondo del lavoro, non sapevo come funzionava uno studio grande o uno piccolo, forse non sapevo nemmeno la differenza tra i due.

Via da qui sei stato in Mpartner e poi One Works, un’esperienza totale di circa dieci anni.

In Mpartner ho toccato con mano il cantiere e ho capito che la mia propensione maggiore era seguire lo sviluppo tecnico del progetto. Con One Works poi mi sono lanciato su grandi progetti e sono cresciuto nel design management di grandi commesse soprattutto all’estero: ero responsabile del Middle East, principalmente su progetti in ambito infrastrutturale in Saudi e Qatar. Lì ho potuto conoscere da vicino la complessità della progettazione integrata e ho capito quanto ogni disciplina, principale o specialistica, sia un tassello essenziale del puzzle, quanto ognuna abbia la propria dignità e la stessa importanza. Sta nella capacità del progettista integrato coordinarle in modo armonico e democratico. È una sorta di “democrazia progettuale”.

Ci piace. Spiegaci meglio cosa intendi.

Bisogna ascoltare tutte le parti e dare un ordine di priorità tecnica e fare in modo che il progetto sia bello e che funzioni. Da One Works c’è stato un periodo in cui seguivo contemporaneamente una stazione della metropolitana e un museo, temi all’opposto coordinati con lo stesso approccio progettuale. È così che si mantiene la democrazia nel processo e nel progetto: con l’approccio. L22 Civil Engineering si fonda su questo e vedo che le persone che lavorano con me stanno entrando in quest’ottica.

Quindi, il ritorno qui. Come è successo?

È stato piuttosto casuale. Seguivo Lombardini22 da lontano e con affetto, avevo mantenuto delle amicizie. Ho visto la sua crescita esponenziale, la sua evoluzione. Un giorno mi ha chiamato Juri Franzosi con cui ho fatto una lunga chiacchierata, e poi ho parlato con Franco Guidi. “Vieni e vediamo” mi hanno detto. Per quanto questo invito fosse incerto, ho fatto una scelta epidermica. Da un lato vedere volti familiari e amici allentava il peso della transizione lavorativa che è sempre energivora, dall’altro i tanti senior che mi hanno presentato erano indicatori della quantità di expertise, competenze, e settori che animano oggi Lombardini22. Mi ha dato l’idea di essere un terreno molto fertile, in cui poter crescere.

Cosa non è cambiato di Lombardini22 in questi 15 anni?

Il fatto che oggi come allora Franco conosce i nomi di tutti e si prende ogni giorno il tempo per girare tra i tavoli a chiacchierare. È l’attenzione alle persone: in un’azienda di 400 collaboratori il rischio di passare da persona a numero è alto, ma qui non succede, c’è la cura per le persone di un piccolo studio. E questo, l’attenzione, l’ascolto dell’altro, generano anche opportunità inaspettate. Se qualcuno esprime il desiderio di fare qualcosa si attiva una macchina per incoraggiarlo.

Ti definisci un ingegnere tra gli architetti e un architetto tra gli ingegneri. Ma ti senti più l’uno o l’altro?

Senza dubbio ingegnere, per forma mentis. Ma entrambe le mie formazioni mi hanno permesso di sviluppare una passione e una visione per la parte tecnica intesa come gestione democratica del processo. Per me il progetto architettonico è un prodotto, voglio realizzare l’oggetto bello e che funziona. Oggi è tutto specialistico e l’architetto non è più quello che fa tutto ma è colui che coordina tutti. Parlando con gli specialisti e guidandoli nel loro pensiero verso una visione più ampia si trovano soluzioni.

E la sostenibilità?

È uno specialismo complesso, una vera disciplina, un pezzo del puzzle come tutto il resto. E si riflette dall’impiantistica all’architettura. Per me è l’emblema della progettazione integrata è la facciata. È l’elemento del progetto che raccoglie tutto: architettura, strutture, impiantistica con la parte tecnica, la sostenibilità con i materiali, i consumi energetici. Più la facciata è efficiente, meno consuma. Da lì si genera l’estetica della sostenibilità.

Quale desiderio ti aiuta a realizzare essere qui oggi?

Mi piace seguire progetti complessi e integrati. Mi piace imparare parlando con gli specialisti e aumentare le mie competenze. Mi piacerebbe riprendere anche a seguire progetti all’estero, ma chissà. L’opportunità te la devi andare a prendere, il primo passo è esprimere il desiderio.
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July 26, 2023
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