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Confusione semantica

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Smart Working non vuol dire lavorare da casa
17/3/2020
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Paolo Facchini, Igor Rebosio
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Il 9 marzo 2020, in Italia, è arrivato il “lunedì nero”, e poi il blocco del Paese: come la Cina poco più di un mese prima, ci siamo fermati non solo nelle “zone rosse” ma nell’intero territorio.

Il resto d’Europa (e del mondo) seguono a ruota, più o meno, con strategie diverse, sull’onda di report e bollettini serrati. Questa strana e inedita situazione non offre garanzie sulla sua prevedibile durata, e ci impone un’incognita temporale scandita da continue e talvolta radicali revisioni di programma, a tutti i livelli, compreso uno dei mondi che più ci interessano da vicino: quello del lavoro (in generale), e quello “smart” in particolare.

Invocato come soluzione tampone all’emergenza, poiché i Byte non hanno restrizioni di circolazione e assembramento, lo Smart working ha registrato un’impennata improvvisa, venendo incontro. Ma si può dire davvero “smart”? Il modo con cui è comunicato, se non altro a livello generalista, sembra semplicistico: “lavorare a casa” invece che in azienda. È certo un riduzionismo obbligato, in questi giorni in cui a casa dobbiamo stare, ma ciò che viene definito “smart” si riduce così a un semplice svolgere a distanza ciò che si potrebbe fare vis-a-vis (e in questi termini anche un colloquio di lavoro da remoto può guadagnare un titolo di giornale come evento smart e di frontiera).

Se fosse tutto qui, si tratterebbe solo di un problema di delivery digitale da un altrove a un centro di raccolta e coordinamento (l’azienda, l’ufficio, la sede…). Tutto qui?

Associare il concetto di smart working all’emergenza che stiamo vivendo è una confusione semantica: l’attuale accesso all’agilità, di fatto più “agile” anche perché in deroga alla legge che lo disciplina , non produce gli effetti connaturati allo Smart working in senso proprio (fluidità delle connessioni, moltiplicazione relazionale ecc.) ma una straniante sperimentazione di massa: l’allontanamento e la separazione di un sempre più ampio numero di persone dalle proprie comunità lavorative, abilitate tramite tecnologia a mantenersi operative. Di fatto il termine “telelavoro” è in gran parte più adatto a descrivere la situazione.

***

In realtà, lo Smart working – o Flexible, Mobile, Agile, Activity Based, New Way of Working secondo i termini più ricorrenti per descriverne i concetti affini nei vari paesi – è un paradigma organizzativo più complesso, il risultato di una trasformazione profonda (e costante) che trova nella tecnologia un fattore abilitante e uno strumento di accelerazione, ma che non si esaurisce nella tecnologia.

Agile, flessibile nei luoghi e nei tempi, a responsabilizzazione diffusa più che verticistica, lo Smart working è stato affrontato da un punto di vista strategico in un lavoro congiunto di DEGW, Methodos e Politecnico di Milano dove sono state individuate quattro leve su cui il paradigma “smart” può svilupparsi efficacemente: la Cultura, cioè la condivisione dei valori e dei principi che sottendono lo smart working: flessibilità, responsabilizzazione e autonomia decisionale, maggiore attenzione sui risultati e non sul processo, nuovi stili di leadership e comportamenti a partire dal top management; le HR policy, con soluzioni di massima personalizzazione, performance management e sistemi di rewarding, flessibilità di orario ecc.; le tecnologie digitali e il knowledge management (social network aziendale e social collaboration per lo sviluppo delle relazioni, del senso di appartenenza e della collaborazione interna ed esterna, cloud computing per una maggiore fruizione di piattaforme e risorse…); e il Workspace, cioè il layout fisico degli spazi di lavoro: con menù di spazi tematici dedicati a diverse forme di operatività e creatività, attenti al benessere psico-fisico, allo scambio di conoscenza attraverso il desk sharing, riconfigurabili e attrezzati a interagire a distanza con home working e team virtuali.


Scarica il Position Paper in formato PDF

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

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March 17, 2020
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March 17, 2020

Confusione semantica

Il 9 marzo 2020, in Italia, è arrivato il “lunedì nero”, e poi il blocco del Paese: come la Cina poco più di un mese prima, ci siamo fermati non solo nelle “zone rosse” ma nell’intero territorio.

Il resto d’Europa (e del mondo) seguono a ruota, più o meno, con strategie diverse, sull’onda di report e bollettini serrati. Questa strana e inedita situazione non offre garanzie sulla sua prevedibile durata, e ci impone un’incognita temporale scandita da continue e talvolta radicali revisioni di programma, a tutti i livelli, compreso uno dei mondi che più ci interessano da vicino: quello del lavoro (in generale), e quello “smart” in particolare.

Invocato come soluzione tampone all’emergenza, poiché i Byte non hanno restrizioni di circolazione e assembramento, lo Smart working ha registrato un’impennata improvvisa, venendo incontro. Ma si può dire davvero “smart”? Il modo con cui è comunicato, se non altro a livello generalista, sembra semplicistico: “lavorare a casa” invece che in azienda. È certo un riduzionismo obbligato, in questi giorni in cui a casa dobbiamo stare, ma ciò che viene definito “smart” si riduce così a un semplice svolgere a distanza ciò che si potrebbe fare vis-a-vis (e in questi termini anche un colloquio di lavoro da remoto può guadagnare un titolo di giornale come evento smart e di frontiera).

Se fosse tutto qui, si tratterebbe solo di un problema di delivery digitale da un altrove a un centro di raccolta e coordinamento (l’azienda, l’ufficio, la sede…). Tutto qui?

Associare il concetto di smart working all’emergenza che stiamo vivendo è una confusione semantica: l’attuale accesso all’agilità, di fatto più “agile” anche perché in deroga alla legge che lo disciplina , non produce gli effetti connaturati allo Smart working in senso proprio (fluidità delle connessioni, moltiplicazione relazionale ecc.) ma una straniante sperimentazione di massa: l’allontanamento e la separazione di un sempre più ampio numero di persone dalle proprie comunità lavorative, abilitate tramite tecnologia a mantenersi operative. Di fatto il termine “telelavoro” è in gran parte più adatto a descrivere la situazione.

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In realtà, lo Smart working – o Flexible, Mobile, Agile, Activity Based, New Way of Working secondo i termini più ricorrenti per descriverne i concetti affini nei vari paesi – è un paradigma organizzativo più complesso, il risultato di una trasformazione profonda (e costante) che trova nella tecnologia un fattore abilitante e uno strumento di accelerazione, ma che non si esaurisce nella tecnologia.

Agile, flessibile nei luoghi e nei tempi, a responsabilizzazione diffusa più che verticistica, lo Smart working è stato affrontato da un punto di vista strategico in un lavoro congiunto di DEGW, Methodos e Politecnico di Milano dove sono state individuate quattro leve su cui il paradigma “smart” può svilupparsi efficacemente: la Cultura, cioè la condivisione dei valori e dei principi che sottendono lo smart working: flessibilità, responsabilizzazione e autonomia decisionale, maggiore attenzione sui risultati e non sul processo, nuovi stili di leadership e comportamenti a partire dal top management; le HR policy, con soluzioni di massima personalizzazione, performance management e sistemi di rewarding, flessibilità di orario ecc.; le tecnologie digitali e il knowledge management (social network aziendale e social collaboration per lo sviluppo delle relazioni, del senso di appartenenza e della collaborazione interna ed esterna, cloud computing per una maggiore fruizione di piattaforme e risorse…); e il Workspace, cioè il layout fisico degli spazi di lavoro: con menù di spazi tematici dedicati a diverse forme di operatività e creatività, attenti al benessere psico-fisico, allo scambio di conoscenza attraverso il desk sharing, riconfigurabili e attrezzati a interagire a distanza con home working e team virtuali.


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March 17, 2020
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