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Strade sensibili per città consapevoli

Data Centers of the future are here

Un nuovo modo di pensare gli spazi urbani
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Il rapido sviluppo in scienze comportamentali e nella tecnologia di raccolta-dati apre la prospettiva di paesaggi urbani che possono alleviare disturbi come stress, ansia e noia – e perfino eliminare i “problemi di folla”.

Immagina di fare la tua abituale passeggiata attraverso la città, magari per andare a lavoro o al supermercato di quartiere. Mentre passeggi, rifletti sullo sforzo che è stato fatto per la pianificazione delle strade e degli spazi per massimizzarne l’efficacia. A livello di transito, una strada ben fatta è soprattutto una strada che ci fa risparmiare tempo o, in altre parole, è quanto più breve possibile.

Il risultato dietro questo ragionamento è stato la creazione di un ambiente urbano che, nel complesso, è incurante o “insensibile” ad altre esigenze che non siano lo spostamento. La ricerca in scienze comportamentali è tuttavia sempre più concentrata sugli effetti indesiderati di questo ordine di priorità, sottolineando come una vasta gamma di disturbi psicologici sia collegata alle condizioni degli spazi urbani.

Un esempio lampante è quando camminiamo lungo strade affollate di città e avvertiamo un cognitive load o “carico cognitivo”: la quantità di stimoli amplificati a cui siamo sottoposti diminuisce la nostra capacità di attenzione. Le teorie contemporanee suggeriscono che crescere in un ambiente urbano scateni effetti a lungo termine, influenzi la nostra capacità di gestire lo stress e ci renda più esposti ad una serie di disordini psicologici.

È quindi preferibile una vita in periferia? Gelosamente dedicati agli spostamenti in macchina, gli spazi verdi diventano troppo spesso scenografie statiche, con strade prive di quell'eccitante brusio di “attività umane” che alimentano interesse. Uno studio della cosiddetta suburban blues ha riscontrato come l’abuso di sostanze e uno stato di ansia e depressione siano tutti tratti più prominenti tra i teenager di periferia rispetto ai loro coetanei del centro città con un simile quadro economico.

Se il settore emergente di Smart Cities è occupato a usare la tecnologia per “anestetizzare” le strade, non sarebbe opportuno ripensarle in modo che diano benefici psicologici a chi le percorre? È possibile che queste diventino sensibili agli stati d’animo e alle personalità di persone diverse, in diverse parti della città e in diversi momenti del giorno e della notte?

Immaginiamo insieme l'aspetto di una Conscious City.

Con Conscious City si intende una città consapevole delle motivazioni, personalità e stati d’animo dei suoi abitanti. Nel 2014 uno studio della BBC ha analizzato i dati di 59.000 cittadini londinesi sottoposti a test della personalità, e messo in evidenza una distribuzione nello spazio di gruppi di persone con simili tratti caratteristici. Le conclusioni dimostrano che in alcuni quartieri di Londra i residenti tendono ad essere più estroversi, aperti all’esperienza e emotivamente stabili che in altri quartieri.

Indipendentemente dalla causalità, l’apparente raggruppamento di tratti comuni all’interno di stessi quartieri suggerisce che anche in spazi pubblici condivisi possiamo identificare bisogni dominanti e obiettivi ai quali la città può rispondere.

Progettare ambienti che condizionano il nostro umore non è ovviamente un'invenzione recente: le piramidi sono state pensate per destare stupore, i monasteri per incoraggiare la contemplazione, e troppo spesso l’architettura è diventata un mezzo per instillare paura e obbedienza. Non si tratta quindi di una novità che nell’arco della storia gli architetti abbiano progettato tenendo lo stato d’animo degli utenti bene a mente, ma queste ambizioni erano supportate solo da aneddoti e pochi strumenti approssimativi.

Una città consapevole dovrebbe combinare dati all'avanguardia, tecnologie e tecniche di pianificazione per individuare modelli di comportamento costanti - come il flusso di persone che va a lavoro - e reagire in tempo reale in situazioni quali concerti di strada, eventi sportivi, etc. adattando in modo tempestivo e temporaneo il paesaggio urbano.

Quando al termine di grandi eventi pubblici - come partite di calcio - nascono episodi di violenza o vandalismo, si colpevolizza subito l’ignoranza legata all’ambiente calcistico senza chiedersi come la città può intervenire per prevenire alcune reazioni. La teoria della scienza sociale di “deindividuazione” spiega come gli individui siano spinti a comportarsi in modo diverso quando sono in gruppo. Piuttosto che ricorrere a semplici metodi di dispersione della folla (spingere i tifosi nelle stazioni metro non fa che porli in condizioni che promuovono la mentalità di gruppo), il progetto di uno stadio e dei suoi dintorni potrebbero prevedere che gli spettatori siano immediatamente immersi in situazioni non collegate all’evento stesso, così da stimolare interazioni sociali di diverso tipo che evitano e prevengono una deindividuazione prolungata.

Cambiamenti semipermanenti nella città potrebbero essere basati su attività urbane ricorrenti, creando degli ambienti che suscitano lo stato d’animo più vantaggioso per quella specifica attività. Il viaggio verso scuola, per esempio, potrebbe incoraggiare i bambini all’apprendimento attraverso interventi urbani "divertenti", che suscitano curiosità. Operazioni di questo tipo hanno una base scientifica: uno studio recente dell’Università della California ha rivelato che “la curiosità pone il cervello in uno stato mentale che permette di imparare ed assimilare ogni tipo di informazione”.

Allo stesso modo una strada consapevole può percepire un sovraccarico di stimoli, adattarsi di conseguenza e prevenire il senso di disagio. Questo potrebbe significare piccole cose come spegnere pubblicità lampeggianti o provare a neutralizzare un concentrato eccessivo di suoni. In futuro i marciapiedi potrebbero estendersi quando c’è poco traffico o il traffico stesso essere limitato quando le strade sono affollate.

Troppo spesso le città danno priorità alle esigenze capitalistiche a discapito dell’esperienza umana. Uno studio dell’Università del Michigan ha sottolineato i benefici dell’interazione con la natura rispetto al paesaggio urbano: una passeggiata attraverso una foresta è risultata essere “piena di stimoli intriganti che catturano l’attenzione con leggerezza”, risultando in un’influenza ristoratrice sulle abilità cognitive. Può un ambiente del genere essere ricreato in una città, anche senza la predominanza dell’elemento verde?

Nell’architettura contemporanea esistono già una serie di edifici che sono stati progettati sulla base della psicologia ambientale e delle neuroscienze per migliorare l’esperienza degli occupanti. Il comprovato beneficio della luce naturale e della vista della natura, per esempio, sono stati già usati con successo in strutture scolastiche e di assistenza sanitaria. Questi sono i presupposti e le origini della nuova “architettura consapevole”, progettare gli ambienti circostanti con una maggiore consapevolezza verso gli utenti degli spazi e le attività che verranno fatte dentro questi ultimi.

Aumentare questi sforzi considerando l’esperienza urbana nella sua totalità non è soltanto un atto necessario a rendere le nostre vite più piacevoli o più interessanti. È un atto di rivendicazione di ampie zone del nostro ambiente che sono state a lungo ignorate in favore dell’efficienza. Ci aspettiamo dai nostri edifici che soddisfino un ampio spettro di bisogni e desideri; così dovrebbe essere anche per le nostre città.

Le strade possono rilassarci attraverso spazi che ci fanno sentire al sicuro e in intimità, o favorire la concentrazione trasmettendo un senso di controllo, o esaltarci attraverso eventi nuovi e sorprendenti. Se, ipoteticamente, fosse possibile progettare ambienti urbani che trasmettono speranza, potremmo supportare quelle strutture che più ne hanno bisogno, come gli ospedali.

Nel 1968 Henri Lefebvre scrisse La Droit á la Ville, nel quale propone idee per un nuovo approccio all'impegno urbano:

Il diritto alla città è molto di più della libertà individuale di accedere alle risorse urbane: è il diritto di cambiare noi stessi cambiando la città…Uno dei diritti umani più preziosi, e anche uno dei più trascurati”.


Progettare città sensibili vuol dire ridare un significato a spazi che sono stati intenzionalmente svuotati di contenuto. Possiamo e dobbiamo progettare strade che permettano uno spostamento efficiente e allo stesso tempo siano sensibili allo stato d’animo di chi le percorre.
Una città consapevole prende in considerazione nuovi parametri per una pianificazione di successo. Presenta l’opportunità di aumentare l’intelligenza degli spazi circostanti e di migliorare il nostro benessere. Questo è il nostro diritto verso la città.

Il Manifesto di Conscious Cities è stato tradotto da un articolo di The Guardian, che riassume l'essenza del Movimento nelle parole del suo fondatore, Itai Palti.
Lombardini22 è da sempre pioniere e all'avanguardia nell'applicazione delle neuroscienze in architettura, prima attraverso il progetto culturale Empatia degli Spazi e dal 2016 con la Fondazione di
TUNED.

Per prendere parte al Conscious Cities Festival che si svolgerà il 26 ottobre negli spazi di Lombardini22 prenota QUI il tuo biglietto gratuito.









DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

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Strade sensibili per città consapevoli

Il rapido sviluppo in scienze comportamentali e nella tecnologia di raccolta-dati apre la prospettiva di paesaggi urbani che possono alleviare disturbi come stress, ansia e noia – e perfino eliminare i “problemi di folla”.

Immagina di fare la tua abituale passeggiata attraverso la città, magari per andare a lavoro o al supermercato di quartiere. Mentre passeggi, rifletti sullo sforzo che è stato fatto per la pianificazione delle strade e degli spazi per massimizzarne l’efficacia. A livello di transito, una strada ben fatta è soprattutto una strada che ci fa risparmiare tempo o, in altre parole, è quanto più breve possibile.

Il risultato dietro questo ragionamento è stato la creazione di un ambiente urbano che, nel complesso, è incurante o “insensibile” ad altre esigenze che non siano lo spostamento. La ricerca in scienze comportamentali è tuttavia sempre più concentrata sugli effetti indesiderati di questo ordine di priorità, sottolineando come una vasta gamma di disturbi psicologici sia collegata alle condizioni degli spazi urbani.

Un esempio lampante è quando camminiamo lungo strade affollate di città e avvertiamo un cognitive load o “carico cognitivo”: la quantità di stimoli amplificati a cui siamo sottoposti diminuisce la nostra capacità di attenzione. Le teorie contemporanee suggeriscono che crescere in un ambiente urbano scateni effetti a lungo termine, influenzi la nostra capacità di gestire lo stress e ci renda più esposti ad una serie di disordini psicologici.

È quindi preferibile una vita in periferia? Gelosamente dedicati agli spostamenti in macchina, gli spazi verdi diventano troppo spesso scenografie statiche, con strade prive di quell'eccitante brusio di “attività umane” che alimentano interesse. Uno studio della cosiddetta suburban blues ha riscontrato come l’abuso di sostanze e uno stato di ansia e depressione siano tutti tratti più prominenti tra i teenager di periferia rispetto ai loro coetanei del centro città con un simile quadro economico.

Se il settore emergente di Smart Cities è occupato a usare la tecnologia per “anestetizzare” le strade, non sarebbe opportuno ripensarle in modo che diano benefici psicologici a chi le percorre? È possibile che queste diventino sensibili agli stati d’animo e alle personalità di persone diverse, in diverse parti della città e in diversi momenti del giorno e della notte?

Immaginiamo insieme l'aspetto di una Conscious City.

Con Conscious City si intende una città consapevole delle motivazioni, personalità e stati d’animo dei suoi abitanti. Nel 2014 uno studio della BBC ha analizzato i dati di 59.000 cittadini londinesi sottoposti a test della personalità, e messo in evidenza una distribuzione nello spazio di gruppi di persone con simili tratti caratteristici. Le conclusioni dimostrano che in alcuni quartieri di Londra i residenti tendono ad essere più estroversi, aperti all’esperienza e emotivamente stabili che in altri quartieri.

Indipendentemente dalla causalità, l’apparente raggruppamento di tratti comuni all’interno di stessi quartieri suggerisce che anche in spazi pubblici condivisi possiamo identificare bisogni dominanti e obiettivi ai quali la città può rispondere.

Progettare ambienti che condizionano il nostro umore non è ovviamente un'invenzione recente: le piramidi sono state pensate per destare stupore, i monasteri per incoraggiare la contemplazione, e troppo spesso l’architettura è diventata un mezzo per instillare paura e obbedienza. Non si tratta quindi di una novità che nell’arco della storia gli architetti abbiano progettato tenendo lo stato d’animo degli utenti bene a mente, ma queste ambizioni erano supportate solo da aneddoti e pochi strumenti approssimativi.

Una città consapevole dovrebbe combinare dati all'avanguardia, tecnologie e tecniche di pianificazione per individuare modelli di comportamento costanti - come il flusso di persone che va a lavoro - e reagire in tempo reale in situazioni quali concerti di strada, eventi sportivi, etc. adattando in modo tempestivo e temporaneo il paesaggio urbano.

Quando al termine di grandi eventi pubblici - come partite di calcio - nascono episodi di violenza o vandalismo, si colpevolizza subito l’ignoranza legata all’ambiente calcistico senza chiedersi come la città può intervenire per prevenire alcune reazioni. La teoria della scienza sociale di “deindividuazione” spiega come gli individui siano spinti a comportarsi in modo diverso quando sono in gruppo. Piuttosto che ricorrere a semplici metodi di dispersione della folla (spingere i tifosi nelle stazioni metro non fa che porli in condizioni che promuovono la mentalità di gruppo), il progetto di uno stadio e dei suoi dintorni potrebbero prevedere che gli spettatori siano immediatamente immersi in situazioni non collegate all’evento stesso, così da stimolare interazioni sociali di diverso tipo che evitano e prevengono una deindividuazione prolungata.

Cambiamenti semipermanenti nella città potrebbero essere basati su attività urbane ricorrenti, creando degli ambienti che suscitano lo stato d’animo più vantaggioso per quella specifica attività. Il viaggio verso scuola, per esempio, potrebbe incoraggiare i bambini all’apprendimento attraverso interventi urbani "divertenti", che suscitano curiosità. Operazioni di questo tipo hanno una base scientifica: uno studio recente dell’Università della California ha rivelato che “la curiosità pone il cervello in uno stato mentale che permette di imparare ed assimilare ogni tipo di informazione”.

Allo stesso modo una strada consapevole può percepire un sovraccarico di stimoli, adattarsi di conseguenza e prevenire il senso di disagio. Questo potrebbe significare piccole cose come spegnere pubblicità lampeggianti o provare a neutralizzare un concentrato eccessivo di suoni. In futuro i marciapiedi potrebbero estendersi quando c’è poco traffico o il traffico stesso essere limitato quando le strade sono affollate.

Troppo spesso le città danno priorità alle esigenze capitalistiche a discapito dell’esperienza umana. Uno studio dell’Università del Michigan ha sottolineato i benefici dell’interazione con la natura rispetto al paesaggio urbano: una passeggiata attraverso una foresta è risultata essere “piena di stimoli intriganti che catturano l’attenzione con leggerezza”, risultando in un’influenza ristoratrice sulle abilità cognitive. Può un ambiente del genere essere ricreato in una città, anche senza la predominanza dell’elemento verde?

Nell’architettura contemporanea esistono già una serie di edifici che sono stati progettati sulla base della psicologia ambientale e delle neuroscienze per migliorare l’esperienza degli occupanti. Il comprovato beneficio della luce naturale e della vista della natura, per esempio, sono stati già usati con successo in strutture scolastiche e di assistenza sanitaria. Questi sono i presupposti e le origini della nuova “architettura consapevole”, progettare gli ambienti circostanti con una maggiore consapevolezza verso gli utenti degli spazi e le attività che verranno fatte dentro questi ultimi.

Aumentare questi sforzi considerando l’esperienza urbana nella sua totalità non è soltanto un atto necessario a rendere le nostre vite più piacevoli o più interessanti. È un atto di rivendicazione di ampie zone del nostro ambiente che sono state a lungo ignorate in favore dell’efficienza. Ci aspettiamo dai nostri edifici che soddisfino un ampio spettro di bisogni e desideri; così dovrebbe essere anche per le nostre città.

Le strade possono rilassarci attraverso spazi che ci fanno sentire al sicuro e in intimità, o favorire la concentrazione trasmettendo un senso di controllo, o esaltarci attraverso eventi nuovi e sorprendenti. Se, ipoteticamente, fosse possibile progettare ambienti urbani che trasmettono speranza, potremmo supportare quelle strutture che più ne hanno bisogno, come gli ospedali.

Nel 1968 Henri Lefebvre scrisse La Droit á la Ville, nel quale propone idee per un nuovo approccio all'impegno urbano:

Il diritto alla città è molto di più della libertà individuale di accedere alle risorse urbane: è il diritto di cambiare noi stessi cambiando la città…Uno dei diritti umani più preziosi, e anche uno dei più trascurati”.


Progettare città sensibili vuol dire ridare un significato a spazi che sono stati intenzionalmente svuotati di contenuto. Possiamo e dobbiamo progettare strade che permettano uno spostamento efficiente e allo stesso tempo siano sensibili allo stato d’animo di chi le percorre.
Una città consapevole prende in considerazione nuovi parametri per una pianificazione di successo. Presenta l’opportunità di aumentare l’intelligenza degli spazi circostanti e di migliorare il nostro benessere. Questo è il nostro diritto verso la città.

Il Manifesto di Conscious Cities è stato tradotto da un articolo di The Guardian, che riassume l'essenza del Movimento nelle parole del suo fondatore, Itai Palti.
Lombardini22 è da sempre pioniere e all'avanguardia nell'applicazione delle neuroscienze in architettura, prima attraverso il progetto culturale Empatia degli Spazi e dal 2016 con la Fondazione di
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Per prendere parte al Conscious Cities Festival che si svolgerà il 26 ottobre negli spazi di Lombardini22 prenota QUI il tuo biglietto gratuito.









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