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Conversazione tra Franco Guidi e Marco Marcatili
14/4/2020
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Franco Guidi: Buongiorno Dottor Marcatili, in Ottobre dello scorso anno ci siamo trovati per definire insieme una possibile mappa per affrontare la complessità crescente. Oggi, a sei mesi di distanza, ci ritroviamo ad aver bisogno sempre di più di orientamento. Cosa sente di poterci dire sul nostro Paese.

Marco Marcatili: C’è un Paese ancora a “testa bassa” nella sfida estenuante contro il Coronavirus, possiamo avere il tempo per prepararci insieme a “rialzare la testa” prima di infettarci definitivamente di altri virus sociali ed economici in corso di incubazione.

FG: In questi giorni si leggono molti commenti sul valore simbolico di questa epidemia e della ineluttabilità del cambiamento dei nostri stili di vita.

MM: È tornato il mantra del “nulla sarà più come prima”, ma altre volte abbiamo già vissuto questa illusione – come nella crisi finanziaria del 2008 – anche se (purtroppo) tutto è (quasi) tornato come prima. Tuttavia, si sono nel frattempo innescati altri due “virus” in corso di incubazione che varrebbe la pena monitorare per sostenere un cambiamento collettivo.

FG: È vero, abbiamo grande capacità di dimenticare quello che non ci piace e molta voglia di tornare alla vita di sempre. Quali virus dovremmo monitorare?

MM: Il primo è il “virus di umanità” che, anche in questa difficile fase, sta attaccando lentamente alcuni approcci turbo capitalistici in favore di una “economia umana” e una certa propensione antropologica a incentrare le nostre viste solo sui valori, metodi e parole funzionali al mercato. La crescita economica durante la fase di globalizzazione ha prodotto una serie di “fratture” non più sostenibili: tra l’economia e il sociale, tra l’umano e l’ambiente, tra la produzione e la finanza, tra la competizione e la collaborazione. Mentre tutto si espandeva, tutto si slegava: il nostro modello di crescita ha indebolito la trama dei rapporti sociali, inasprito le diseguaglianze, minacciato le possibilità di sviluppo futuro, eroso ogni intermediazione e svuotato le istituzioni.
Ogni slegatura è diseconomia e si pagano oggi i conti della fase storica alle nostre spalle. Non sappiamo ancora bene in che cosa consisterà la prossima crescita economica, ma sappiamo che una crescita senza umanità non è sviluppo.

 

FG: Se il virus di umanità è il primo, qual è il secondo che dobbiamo monitorare?

 

MM: Il secondo è il “virus della sostenibilità”. L’aumento di ricchezza e di benessere passerà da scelte in grado di aumentare l’economia, l’umano, il sociale e l’ambiente contemporaneamente. Migliorare la qualità delle relazioni umane, occuparsi di una sfida sociale o ambientale, come quella della salute, dell’acqua e dell’alimentazione, deve essere concepito come un vero e proprio business, non come atto filantropico esterno o indipendente dal core business. In questo senso l’impresa non è più un’organizzazione chiusa, ma un’infrastruttura aperta a cui viene richiesto di migliorare la qualità di un territorio e assicurare la sostenibilità dello sviluppo umano.

 

FG: Cosa possiamo fare in queste settimane: passato lo shock emotivo, con il primo momento di reazione, siamo entrati in una fase di attesa che rischia di procurarci qualche delusione. Cosa potremmo fare in questo periodo?

MM: In attesa del “post Covid”, però, può essere utile progettare subito insieme il “durante Covid”, che potrebbe estendersi oltre ogni attesa.

 

FG: Detto così mette un po’ di ansia. Che stime fate voi professionisti?

 

MM: Conosciamo quanto siano deboli i modelli predittivi nei periodi di normalità, stimare le previsioni sugli effetti economici nei settori e nei territori è oggettivamente impraticabile nella “nuova normalità” fatta di una socialità indefinita, di una evoluta emotività nei consumi e investimenti futuri, e di una domanda pubblica ancora tutta da costruire nei contenuti e nelle modalità di intervento.

 

FG: Avete già delle stime sull’impatto sul PIL Italiano?

 

MM: Di fatto siamo entrati nell’emergenza con una stima del 3,5% di perdita complessiva di PIL nel 2020, ma l’ultimo dato è di un calo del 12,4%, che significherebbe per il sistema Italia un danno atteso nell’anno di 200-250 miliardi di euro.

 

FG: Immagino che la ferita provocata al paese da questa crisi non sia solo nei numeri del PIL...

 

MM: Paradossalmente, questa volta, ad essere più colpito potrà essere il capitale sociale senza protezione rispetto alla pratica del distanziamento, ai meccanismi finanziari in discussione nei vari decreti e al restringimento dei bilanci pubblici e famigliari. Certamente i “bazooka” della BCE o dei Governi nazionali saranno importanti per la dimensione degli investimenti, ma progettare il “durante Covid” significa anche attuare subito misure e azioni “anti-cicliche”.
Tutti insieme abbiamo capito gradualmente in questi mesi i comportamenti sani per rispettare gli altri difronte all’emergenza sanitaria.

FG: Interessante questo tema dei comportamenti sani, un tema non sempre in evidenza, ma che chiama in causa ognuno con la sua responsabilità individuale di fronte al problema.

MM: Immagino dei comportamenti per prendersi cura degli altri di fronte alla possibile devastazione sociale ed economica. Se posso schematizzare.

 

Per le medie imprese leader, “farsi carico della filiera”:

 

. non incassare subito dai clienti;

. pagare in anticipo i fornitori;

. dare continuità alle produzioni utili e programmi di investimento;

. investire nel capitale sociale dei fornitori strategici.

 

Per le Amministrazioni e imprese pubbliche di servizi, “essere anticiclici”:

 

. essere di esempio non riducendo le attività per contenimento dei costi;

. favorire il più possibile lavoro agile, evitando cassa integrazione o ferie per i dipendenti;

. dare continuità all’erogazione di servizi sostitutivi/aggiuntivi utili alla comunità;

. aumentare il plafond degli investimenti.

 

Per il Terzo Settore, che corre il rischio di vedere evaporare tutte le realtà nascenti e innovative, “sviluppare una logica di rete” che possa attenuare tutte le fragilità degli altri attori sociali, culturali, sportivi.

FG: Grazie per questa conversazione ricca di stimoli. C’è un pensiero che vorrebbe lasciare in chiusura?

 

MM: Questa volta non è solo importante resistere per sé, ma anche per il sistema.

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April 14, 2020
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April 14, 2020

Resistere per sé e per il sistema

Franco Guidi: Buongiorno Dottor Marcatili, in Ottobre dello scorso anno ci siamo trovati per definire insieme una possibile mappa per affrontare la complessità crescente. Oggi, a sei mesi di distanza, ci ritroviamo ad aver bisogno sempre di più di orientamento. Cosa sente di poterci dire sul nostro Paese.

Marco Marcatili: C’è un Paese ancora a “testa bassa” nella sfida estenuante contro il Coronavirus, possiamo avere il tempo per prepararci insieme a “rialzare la testa” prima di infettarci definitivamente di altri virus sociali ed economici in corso di incubazione.

FG: In questi giorni si leggono molti commenti sul valore simbolico di questa epidemia e della ineluttabilità del cambiamento dei nostri stili di vita.

MM: È tornato il mantra del “nulla sarà più come prima”, ma altre volte abbiamo già vissuto questa illusione – come nella crisi finanziaria del 2008 – anche se (purtroppo) tutto è (quasi) tornato come prima. Tuttavia, si sono nel frattempo innescati altri due “virus” in corso di incubazione che varrebbe la pena monitorare per sostenere un cambiamento collettivo.

FG: È vero, abbiamo grande capacità di dimenticare quello che non ci piace e molta voglia di tornare alla vita di sempre. Quali virus dovremmo monitorare?

MM: Il primo è il “virus di umanità” che, anche in questa difficile fase, sta attaccando lentamente alcuni approcci turbo capitalistici in favore di una “economia umana” e una certa propensione antropologica a incentrare le nostre viste solo sui valori, metodi e parole funzionali al mercato. La crescita economica durante la fase di globalizzazione ha prodotto una serie di “fratture” non più sostenibili: tra l’economia e il sociale, tra l’umano e l’ambiente, tra la produzione e la finanza, tra la competizione e la collaborazione. Mentre tutto si espandeva, tutto si slegava: il nostro modello di crescita ha indebolito la trama dei rapporti sociali, inasprito le diseguaglianze, minacciato le possibilità di sviluppo futuro, eroso ogni intermediazione e svuotato le istituzioni.
Ogni slegatura è diseconomia e si pagano oggi i conti della fase storica alle nostre spalle. Non sappiamo ancora bene in che cosa consisterà la prossima crescita economica, ma sappiamo che una crescita senza umanità non è sviluppo.

 

FG: Se il virus di umanità è il primo, qual è il secondo che dobbiamo monitorare?

 

MM: Il secondo è il “virus della sostenibilità”. L’aumento di ricchezza e di benessere passerà da scelte in grado di aumentare l’economia, l’umano, il sociale e l’ambiente contemporaneamente. Migliorare la qualità delle relazioni umane, occuparsi di una sfida sociale o ambientale, come quella della salute, dell’acqua e dell’alimentazione, deve essere concepito come un vero e proprio business, non come atto filantropico esterno o indipendente dal core business. In questo senso l’impresa non è più un’organizzazione chiusa, ma un’infrastruttura aperta a cui viene richiesto di migliorare la qualità di un territorio e assicurare la sostenibilità dello sviluppo umano.

 

FG: Cosa possiamo fare in queste settimane: passato lo shock emotivo, con il primo momento di reazione, siamo entrati in una fase di attesa che rischia di procurarci qualche delusione. Cosa potremmo fare in questo periodo?

MM: In attesa del “post Covid”, però, può essere utile progettare subito insieme il “durante Covid”, che potrebbe estendersi oltre ogni attesa.

 

FG: Detto così mette un po’ di ansia. Che stime fate voi professionisti?

 

MM: Conosciamo quanto siano deboli i modelli predittivi nei periodi di normalità, stimare le previsioni sugli effetti economici nei settori e nei territori è oggettivamente impraticabile nella “nuova normalità” fatta di una socialità indefinita, di una evoluta emotività nei consumi e investimenti futuri, e di una domanda pubblica ancora tutta da costruire nei contenuti e nelle modalità di intervento.

 

FG: Avete già delle stime sull’impatto sul PIL Italiano?

 

MM: Di fatto siamo entrati nell’emergenza con una stima del 3,5% di perdita complessiva di PIL nel 2020, ma l’ultimo dato è di un calo del 12,4%, che significherebbe per il sistema Italia un danno atteso nell’anno di 200-250 miliardi di euro.

 

FG: Immagino che la ferita provocata al paese da questa crisi non sia solo nei numeri del PIL...

 

MM: Paradossalmente, questa volta, ad essere più colpito potrà essere il capitale sociale senza protezione rispetto alla pratica del distanziamento, ai meccanismi finanziari in discussione nei vari decreti e al restringimento dei bilanci pubblici e famigliari. Certamente i “bazooka” della BCE o dei Governi nazionali saranno importanti per la dimensione degli investimenti, ma progettare il “durante Covid” significa anche attuare subito misure e azioni “anti-cicliche”.
Tutti insieme abbiamo capito gradualmente in questi mesi i comportamenti sani per rispettare gli altri difronte all’emergenza sanitaria.

FG: Interessante questo tema dei comportamenti sani, un tema non sempre in evidenza, ma che chiama in causa ognuno con la sua responsabilità individuale di fronte al problema.

MM: Immagino dei comportamenti per prendersi cura degli altri di fronte alla possibile devastazione sociale ed economica. Se posso schematizzare.

 

Per le medie imprese leader, “farsi carico della filiera”:

 

. non incassare subito dai clienti;

. pagare in anticipo i fornitori;

. dare continuità alle produzioni utili e programmi di investimento;

. investire nel capitale sociale dei fornitori strategici.

 

Per le Amministrazioni e imprese pubbliche di servizi, “essere anticiclici”:

 

. essere di esempio non riducendo le attività per contenimento dei costi;

. favorire il più possibile lavoro agile, evitando cassa integrazione o ferie per i dipendenti;

. dare continuità all’erogazione di servizi sostitutivi/aggiuntivi utili alla comunità;

. aumentare il plafond degli investimenti.

 

Per il Terzo Settore, che corre il rischio di vedere evaporare tutte le realtà nascenti e innovative, “sviluppare una logica di rete” che possa attenuare tutte le fragilità degli altri attori sociali, culturali, sportivi.

FG: Grazie per questa conversazione ricca di stimoli. C’è un pensiero che vorrebbe lasciare in chiusura?

 

MM: Questa volta non è solo importante resistere per sé, ma anche per il sistema.

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April 14, 2020
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