Questione di squilibri

Cinzia Di Dio, neuroscienziata e ricercatrice presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Francesca Scazzina, nutrizionista e professoressa Associata di Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma, mettono in luce la relazione tra stress e alimentazione.
Cos’è lo stress da un punto di vista neurofisiologico?
È la risposta a una situazione di emergenza, incertezza, pericolo dovuta a diversi fattori – personali, lavorativi, ambientali, fisici – e sollecita direttamente l’attività del sistema nervoso autonomo, parasimpatico (che controlla le risposte in condizioni di riposo) e simpatico (che riguarda il campo di reazioni in condizioni di emergenza). È quest’ultimo che ci interessa – sottolinea Cinzia Di Dio – perché esercita un controllo sul sistema endocrino e sul rilascio ormonale. Una situazione di stress stimola l’attività delle ghiandole surrenali che secernono adrenalina, noradrenalina e glucocorticoidi (cortisolo) che agiscono sul metabolismo del glucosio. Gli effetti sono molto estesi e anche necessari poiché correlati a meccanismi di difesa e preservazione di fronte a un pericolo: un sistema di allerta che si attiva in fase acuta e torna alla condizione basale una volta superata la situazione stressante. Tuttavia è il rilascio ormonale a lungo termine che può causare danni anche irreversibili all’individuo: ipertensione, immunodepressione, danni al tessuto muscolare e alle strutture cerebrali (ippocampo) con effetti sull’apprendimento e sulla memoria. Diverse evidenze sperimentali hanno dimostrato questa tesi (tra cui Kiecold-Glaser).
L’ambiente che ci circonda e il nostro modello di vita non favoriscono di certo l’allentamento delle tensioni, e queste influenzano le nostre abitudini alimentari.
Come ha illustrato Francesca Scazzina, lo stress comporta un maggior consumo di calorie nel 35-60% delle persone (c’è anche una percentuale che tende a consumarne meno, ma minoritaria). In ogni caso l‘effetto è uno sbilanciamento di apporto energetico, quantitativo ma soprattutto qualitativo: si tende a consumare alimenti più palatabili, definiti come comfort food (o junk food) perché danno più soddisfazione immediata migliorando l’umore in fase acuta. Ricchi di zuccheri e grassi, sono però anche gli alimenti che danno meno sazietà instaurando un meccanismo di reward system che porta a un circolo vizioso tra appagamento di breve durata e conseguente aumento del consumo, anche inconsapevole. È un modello di alimentazione che incide non solo sulla salute individuale e sulla pressione sanitaria generale ma anche, secondo la EAT-Lancet Commission in Food, Planet, Health (2019), sulla cattiva salute del nostro pianeta, dato il sistema di produzione alimentare che lo sostiene.