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Come lo stress incide sull’alimentazione
9/11/2020
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Cinzia Di Dio, neuroscienziata e ricercatrice presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Francesca Scazzina, nutrizionista e professoressa Associata di Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma, mettono in luce la relazione tra stress e alimentazione.

Cos’è lo stress da un punto di vista neurofisiologico?

È la risposta a una situazione di emergenza, incertezza, pericolo dovuta a diversi fattori – personali, lavorativi, ambientali, fisici – e sollecita direttamente l’attività del sistema nervoso autonomo, parasimpatico (che controlla le risposte in condizioni di riposo) e simpatico (che riguarda il campo di reazioni in condizioni di emergenza). È quest’ultimo che ci interessa – sottolinea Cinzia Di Dio – perché esercita un controllo sul sistema endocrino e sul rilascio ormonale. Una situazione di stress stimola l’attività delle ghiandole surrenali che secernono adrenalina, noradrenalina e glucocorticoidi (cortisolo) che agiscono sul metabolismo del glucosio. Gli effetti sono molto estesi e anche necessari poiché correlati a meccanismi di difesa e preservazione di fronte a un pericolo: un sistema di allerta che si attiva in fase acuta e torna alla condizione basale una volta superata la situazione stressante. Tuttavia è il rilascio ormonale a lungo termine che può causare danni anche irreversibili all’individuo: ipertensione, immunodepressione, danni al tessuto muscolare e alle strutture cerebrali (ippocampo) con effetti sull’apprendimento e sulla memoria. Diverse evidenze sperimentali hanno dimostrato questa tesi (tra cui Kiecold-Glaser).

L’ambiente che ci circonda e il nostro modello di vita non favoriscono di certo l’allentamento delle tensioni, e queste influenzano le nostre abitudini alimentari.

Come ha illustrato Francesca Scazzina, lo stress comporta un maggior consumo di calorie nel 35-60% delle persone (c’è anche una percentuale che tende a consumarne meno, ma minoritaria). In ogni caso l‘effetto è uno sbilanciamento di apporto energetico, quantitativo ma soprattutto qualitativo: si tende a consumare alimenti più palatabili, definiti come comfort food (o junk food) perché danno più soddisfazione immediata migliorando l’umore in fase acuta. Ricchi di zuccheri e grassi, sono però anche gli alimenti che danno meno sazietà instaurando un meccanismo di reward system che porta a un circolo vizioso tra appagamento di breve durata e conseguente aumento del consumo, anche inconsapevole. È un modello di alimentazione che incide non solo sulla salute individuale e sulla pressione sanitaria generale ma anche, secondo la EAT-Lancet Commission in Food, Planet, Health (2019), sulla cattiva salute del nostro pianeta, dato il sistema di produzione alimentare che lo sostiene.

Si delinea così chiaramente una relazione circolare che investe tutte le scale di riferimento: stress ambientale, abitudini individuali, gestione del territorio, destino ecologico del pianeta. Come intervenire per affrontare questa circolarità a partire dal nostro quotidiano?

Scarica qui il Position Paper

DI OGNUNO

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Cinzia Di Dio, neuroscienziata e ricercatrice presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Francesca Scazzina, nutrizionista e professoressa Associata di Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma, mettono in luce la relazione tra stress e alimentazione.

Cos’è lo stress da un punto di vista neurofisiologico?

È la risposta a una situazione di emergenza, incertezza, pericolo dovuta a diversi fattori – personali, lavorativi, ambientali, fisici – e sollecita direttamente l’attività del sistema nervoso autonomo, parasimpatico (che controlla le risposte in condizioni di riposo) e simpatico (che riguarda il campo di reazioni in condizioni di emergenza). È quest’ultimo che ci interessa – sottolinea Cinzia Di Dio – perché esercita un controllo sul sistema endocrino e sul rilascio ormonale. Una situazione di stress stimola l’attività delle ghiandole surrenali che secernono adrenalina, noradrenalina e glucocorticoidi (cortisolo) che agiscono sul metabolismo del glucosio. Gli effetti sono molto estesi e anche necessari poiché correlati a meccanismi di difesa e preservazione di fronte a un pericolo: un sistema di allerta che si attiva in fase acuta e torna alla condizione basale una volta superata la situazione stressante. Tuttavia è il rilascio ormonale a lungo termine che può causare danni anche irreversibili all’individuo: ipertensione, immunodepressione, danni al tessuto muscolare e alle strutture cerebrali (ippocampo) con effetti sull’apprendimento e sulla memoria. Diverse evidenze sperimentali hanno dimostrato questa tesi (tra cui Kiecold-Glaser).

L’ambiente che ci circonda e il nostro modello di vita non favoriscono di certo l’allentamento delle tensioni, e queste influenzano le nostre abitudini alimentari.

Come ha illustrato Francesca Scazzina, lo stress comporta un maggior consumo di calorie nel 35-60% delle persone (c’è anche una percentuale che tende a consumarne meno, ma minoritaria). In ogni caso l‘effetto è uno sbilanciamento di apporto energetico, quantitativo ma soprattutto qualitativo: si tende a consumare alimenti più palatabili, definiti come comfort food (o junk food) perché danno più soddisfazione immediata migliorando l’umore in fase acuta. Ricchi di zuccheri e grassi, sono però anche gli alimenti che danno meno sazietà instaurando un meccanismo di reward system che porta a un circolo vizioso tra appagamento di breve durata e conseguente aumento del consumo, anche inconsapevole. È un modello di alimentazione che incide non solo sulla salute individuale e sulla pressione sanitaria generale ma anche, secondo la EAT-Lancet Commission in Food, Planet, Health (2019), sulla cattiva salute del nostro pianeta, dato il sistema di produzione alimentare che lo sostiene.

Si delinea così chiaramente una relazione circolare che investe tutte le scale di riferimento: stress ambientale, abitudini individuali, gestione del territorio, destino ecologico del pianeta. Come intervenire per affrontare questa circolarità a partire dal nostro quotidiano?

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