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Milano. Bella e coraggiosa

Data Centers of the future are here

La rigenerazione inizia dal quartiere.
5/10/2018
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Per il quinto appuntamento del ciclo Players abbiamo acceso il dibattito tra due profondi conoscitori delle grandi trasformazioni che attraversano Milano: Pietro Guidobono Cavalchini, co-fondatore di RealStep, e Giacomo Biraghi, consulente ed esperto di strategie urbane.

Ci siamo interrogati sull'entità quartiere che da sempre rappresenta il primo livello di comunità e di ambito sociale di una città. Una dimensione che rivendica una propria identità autonoma che deve essere riconosciuta nelle sue vocazioni, criticità e opportunità di cambiamento. Un tema trattato con la consapevolezza che agendo anche in un punto, una piazza,un singolo edificio, l’architettura può estendere i suoi effetti oltre i propri confini e trascinare un ecosistema in dinamiche positive, portando con sé visioni più ampie e innescando bellezza e qualità.

Focus sul quartiere attraverso il progetto architettonico ma – come precisa Marco Amosso introducendo la conversazione – aperto a punti di vista che rendano il tema più ricco e complesso. Data la natura degli ospiti, la discussione ha subito creato un ponte tra la dimensione del “quartiere” e la città intera: nel nostro caso, Milano, quindi la sua attualità, i suoi ultimi vent'anni e le sfide che l’attendono nel prossimo futuro.

L’età dell’oro

Milano è nella sua età dell’oro”, attacca Biraghi. “Dopo Barcellona e Berlino, Milano sta vivendo una fase, iniziata con Expo, caratterizzata da un fatto di percezione: non se ne può parlare male”. Come ci è arrivata?

Negli ultimi vent'anni Milano ha avuto tre raddoppi, quantità di km e stazioni di linee ferroviarie sotterranee, quantità di verde pubblico (che ha portato da 10 a 22 mq di verde per abitante) e quantità di turisti: oltre 7 milioni di arrivi all'anno che la portano in seconda posizione come destinazione turistica in Italia, ancora molto indietro rispetto a Roma.

Milano è l’unica città in Europa che è riuscita a raggiungere questi risultati senza una programmazione e senza piani strategici: non ha un dominus né un’industria prevalente, è una sommatoria. Ora, la Golden Age, che generalmente dura un periodo di 3 o 4 anni, è destinata a finire: secondo me – dice Biraghi – a Gennaio 2019!” – (grande brusio in sala…) – “Quindi interroghiamoci: quali sono le sfide per il futuro?

La domanda è rimasta invariata rispetto a un incredibile aumento dell’offerta, quindi bisogna attrarre più popolazione, stranieri, multinazionali di alto livello e turisti.
La scala dimensionale: con i suoi 182 km quadrati, è la più piccola città globale al mondo dopo Parigi, che ha però il doppio di abitanti (e infatti è senza verde).
I poteri: Milano non solo ha gli stessi poteri di qualsiasi altra città italiana sopra i 15 mila abitanti ma, fatto ancor più grave, non ha i poteri dei suoi competitor globali (su istruzione, sanità, imposizione fiscale,urbanistica, polizia ecc.).

Operazioni virtuose

Aldilà dei poteri e della scala dimensionale, la questione principale e più realistica – come osserva Amosso – è la domanda: come alimentarla? Che ruolo hanno l’architettura e la rigenerazione urbana?

La nostra avventura inizia proprio in questo quartiere – dice Cavalchini – cui abbiamo dato un forte impulso nell’arco di una decina d’anni anche grazie a strumenti urbanistici che hanno permesso rapidità di realizzazione. Certo non sono un mago! – prosegue – Non creo domanda dal nulla, posso creare le condizioni per fare atterrare delle aziende, che però devono aver già deciso di venire in Italia”.

Un caso “attrattivo” recente è La Forgiatura, l’ultimo progetto di RealStep: un intervento di 28 mila mq su un’area in disuso nel Nord-Est di Milano. L’impianto originale si occupava della costruzione di componenti in acciaio speciale esportati in tutto il mondo fin dal XIX secolo, oggi è un Campus multifunzionale con una forte impronta internazionale.
Un intervento che, come le altre trasformazioni di Milano, fa parte di un quadro generale non programmato o pianificato, con un disegno complessivo ancora “a macchia di leopardo”.

I trend del futuro

Sintonizzarsi con i nuovi trend che animano la vita urbana e analizzare le esperienze internazionali: è di nuovo Biraghi a parlarci delle più recenti tendenze d’uso, riuso e invenzione di spazi urbani in giro per il mondo.
Per citarne solo alcune: Malls in disguise, centri commerciali innovativi che si mescolano nel tessuto urbano; POPOS (Privately Owned Public Open Spaces), spazi urbani pseudo-pubblici gestiti con regole di sicurezza e restrizioni private. A Londra o San Francisco c’è già una lunga tradizione, a Milano cominciamo a conoscerli con CityLife e Porta Nuova. Temporary Everything, non più solo Temporary Store ma una temporaneità che si sta estendendo a tutto: cucine satellite di ristoranti stellati, Transient Hotel per i festival, campi tendati di lusso ma mobili,etc. Sensory urbanism: un’urbanistica progettata per i cinque sensi, con spazi e percorsi non solo visivi ma olfattivi, sonori, tattili e per il palato (come nel Waterfront di Seattle o nei tour di esplorazione urbana a Vienna). Design for refugees, una delle sfide più urgenti delle città contemporanee. Light-blue urbanism: tendenza che immagina progetti ed esperienze lungo fiumi, canali, laghi,piscine ecc. assecondando un sempre più forte richiamo verso l’elemento acqua. CCCCs, cioè Contemporary Creative-Class Clubs, proliferazione di club privati la cui membership è rivolta all’industria creativa, e che sfrutta venues “dimenticate”come gli spazi di ex discoteche non più attive.

Il Real Estate non è l’edificio

“Questo è davvero un modo per attirare la domanda – osserva Cavalchini – per cogliere l’evoluzione dei comportamenti, i cambiamenti nelle aziende ai cui dipendenti non diamo più scrivanie assegnate ma armadietti e libertà di movimento e aggregazione… Sono trasformazioni che dobbiamo comprendere e alle quali dare un vestito su misura”.


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DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

Scopri l'Universal Design nell'ospitalità

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October 5, 2018
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Milano. Bella e coraggiosa

Per il quinto appuntamento del ciclo Players abbiamo acceso il dibattito tra due profondi conoscitori delle grandi trasformazioni che attraversano Milano: Pietro Guidobono Cavalchini, co-fondatore di RealStep, e Giacomo Biraghi, consulente ed esperto di strategie urbane.

Ci siamo interrogati sull'entità quartiere che da sempre rappresenta il primo livello di comunità e di ambito sociale di una città. Una dimensione che rivendica una propria identità autonoma che deve essere riconosciuta nelle sue vocazioni, criticità e opportunità di cambiamento. Un tema trattato con la consapevolezza che agendo anche in un punto, una piazza,un singolo edificio, l’architettura può estendere i suoi effetti oltre i propri confini e trascinare un ecosistema in dinamiche positive, portando con sé visioni più ampie e innescando bellezza e qualità.

Focus sul quartiere attraverso il progetto architettonico ma – come precisa Marco Amosso introducendo la conversazione – aperto a punti di vista che rendano il tema più ricco e complesso. Data la natura degli ospiti, la discussione ha subito creato un ponte tra la dimensione del “quartiere” e la città intera: nel nostro caso, Milano, quindi la sua attualità, i suoi ultimi vent'anni e le sfide che l’attendono nel prossimo futuro.

L’età dell’oro

Milano è nella sua età dell’oro”, attacca Biraghi. “Dopo Barcellona e Berlino, Milano sta vivendo una fase, iniziata con Expo, caratterizzata da un fatto di percezione: non se ne può parlare male”. Come ci è arrivata?

Negli ultimi vent'anni Milano ha avuto tre raddoppi, quantità di km e stazioni di linee ferroviarie sotterranee, quantità di verde pubblico (che ha portato da 10 a 22 mq di verde per abitante) e quantità di turisti: oltre 7 milioni di arrivi all'anno che la portano in seconda posizione come destinazione turistica in Italia, ancora molto indietro rispetto a Roma.

Milano è l’unica città in Europa che è riuscita a raggiungere questi risultati senza una programmazione e senza piani strategici: non ha un dominus né un’industria prevalente, è una sommatoria. Ora, la Golden Age, che generalmente dura un periodo di 3 o 4 anni, è destinata a finire: secondo me – dice Biraghi – a Gennaio 2019!” – (grande brusio in sala…) – “Quindi interroghiamoci: quali sono le sfide per il futuro?

La domanda è rimasta invariata rispetto a un incredibile aumento dell’offerta, quindi bisogna attrarre più popolazione, stranieri, multinazionali di alto livello e turisti.
La scala dimensionale: con i suoi 182 km quadrati, è la più piccola città globale al mondo dopo Parigi, che ha però il doppio di abitanti (e infatti è senza verde).
I poteri: Milano non solo ha gli stessi poteri di qualsiasi altra città italiana sopra i 15 mila abitanti ma, fatto ancor più grave, non ha i poteri dei suoi competitor globali (su istruzione, sanità, imposizione fiscale,urbanistica, polizia ecc.).

Operazioni virtuose

Aldilà dei poteri e della scala dimensionale, la questione principale e più realistica – come osserva Amosso – è la domanda: come alimentarla? Che ruolo hanno l’architettura e la rigenerazione urbana?

La nostra avventura inizia proprio in questo quartiere – dice Cavalchini – cui abbiamo dato un forte impulso nell’arco di una decina d’anni anche grazie a strumenti urbanistici che hanno permesso rapidità di realizzazione. Certo non sono un mago! – prosegue – Non creo domanda dal nulla, posso creare le condizioni per fare atterrare delle aziende, che però devono aver già deciso di venire in Italia”.

Un caso “attrattivo” recente è La Forgiatura, l’ultimo progetto di RealStep: un intervento di 28 mila mq su un’area in disuso nel Nord-Est di Milano. L’impianto originale si occupava della costruzione di componenti in acciaio speciale esportati in tutto il mondo fin dal XIX secolo, oggi è un Campus multifunzionale con una forte impronta internazionale.
Un intervento che, come le altre trasformazioni di Milano, fa parte di un quadro generale non programmato o pianificato, con un disegno complessivo ancora “a macchia di leopardo”.

I trend del futuro

Sintonizzarsi con i nuovi trend che animano la vita urbana e analizzare le esperienze internazionali: è di nuovo Biraghi a parlarci delle più recenti tendenze d’uso, riuso e invenzione di spazi urbani in giro per il mondo.
Per citarne solo alcune: Malls in disguise, centri commerciali innovativi che si mescolano nel tessuto urbano; POPOS (Privately Owned Public Open Spaces), spazi urbani pseudo-pubblici gestiti con regole di sicurezza e restrizioni private. A Londra o San Francisco c’è già una lunga tradizione, a Milano cominciamo a conoscerli con CityLife e Porta Nuova. Temporary Everything, non più solo Temporary Store ma una temporaneità che si sta estendendo a tutto: cucine satellite di ristoranti stellati, Transient Hotel per i festival, campi tendati di lusso ma mobili,etc. Sensory urbanism: un’urbanistica progettata per i cinque sensi, con spazi e percorsi non solo visivi ma olfattivi, sonori, tattili e per il palato (come nel Waterfront di Seattle o nei tour di esplorazione urbana a Vienna). Design for refugees, una delle sfide più urgenti delle città contemporanee. Light-blue urbanism: tendenza che immagina progetti ed esperienze lungo fiumi, canali, laghi,piscine ecc. assecondando un sempre più forte richiamo verso l’elemento acqua. CCCCs, cioè Contemporary Creative-Class Clubs, proliferazione di club privati la cui membership è rivolta all’industria creativa, e che sfrutta venues “dimenticate”come gli spazi di ex discoteche non più attive.

Il Real Estate non è l’edificio

“Questo è davvero un modo per attirare la domanda – osserva Cavalchini – per cogliere l’evoluzione dei comportamenti, i cambiamenti nelle aziende ai cui dipendenti non diamo più scrivanie assegnate ma armadietti e libertà di movimento e aggregazione… Sono trasformazioni che dobbiamo comprendere e alle quali dare un vestito su misura”.


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