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La scuola non è un'isola
19/4/2021
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“L’educazione è il risultato di un’esperienza. Più l’esperienza è ampia e complessa, più l’educazione è profonda e intensa. Il campo dell’esperienza si amplifica in ragione diretta alla frequenza dei contatti e la sua complessità con l’accrescersi della loro varietà. Al limite, per assicurare un’educazione veramente profonda e intensa, nessun tipo di esperienza dovrebbe essere negato: tutti i contatti possibili, di qualsiasi natura, dovrebbero essere non solo ammessi ma anche sollecitati”.

Così scriveva l’architetto Giancarlo De Carlo nel 1969, in un articolo pubblicato sull’Harvard Educational Review, interrogandosi sul come e soprattutto il perché costruire edifici scolastici. Scritto in un momento di grande rivolgimento del sistema educativo occidentale, De Carlo affrontava il tema del rapporto tra educazione e istituzione. O più precisamente il fatto che, se da sempre (fin da Platone nel parco di Academo o Aristotele nel recinto di Apollo Liceo) l’educazione è stata un’attività in qualche modo “segregata” in un preciso ambito, solo quando ha iniziato a istituzionalizzarsi si è separata nettamente dal resto delle attività sociali, in edifici costruiti per accogliere una popolazione e un’attività specifica – l’insegnamento, gli insegnanti e gli studenti. Da quel momento, l’educazione diventa una struttura organizzativa chiusa, isolata e mantenuta “al riparo” da qualsiasi interferenza dell’ambiente esterno. Invece, continuava De Carlo:

“La scuola non deve essere un’isola, ma una parte del contesto fisico e – al limite – il contesto fisico stesso considerato nel suo insieme e concepito, nel suo insieme, in funzione delle esigenze educative: una struttura diramata nel tessuto delle attività sociali, una configurazione instabile continuamente ricreata dalla partecipazione diretta della collettività che la usa”.

Parole scritte oltre 50 anni fa, certo in un clima storico particolare (l’anno precedente era “l’anno degli studenti”), eppure straordinariamente simili a quelle che si potevano leggere in un qualsiasi giorno del giugno 2020. Quelle di Massimo Recalcati, per esempio, in vista dell’agognata riapertura delle scuole dopo la lunga chiusura imposta dal lockdown della scorsa primavera, che così affermava la necessità di una rimodulazione profonda dell’attività didattica:

“Il campo è ampio: favorire l’interdisciplinarietà, rendere possibile una diversa circolazione degli allievi attraverso la composizione di piani di studio più adeguati alla loro attitudine, portare la scuola verso la città, nei quartieri, nei territori, nei luoghi culturali, reinserirla come protagonista attiva della nostra vita sociale…”.

Dunque la connessione tra scuola e società, tra l’educazione e una pluralità di altri contesti e situazioni in possibile rete tra loro, oppure, facendo ancora nostre le parole di De Carlo, la relazione tra “cognizioni” e “comportamenti” che consentano a ogni individuo di trovare un appropriato ruolo sociale (o, in altri termini, tra “nuclei” tecnici specializzati e una “corona” di luoghi in cui possano avvenire confronti continui e generalizzati) rimane una grande questione aperta e incredibilmente attuale.

Formazione e ricerca in Lombardini22

Nell’ambito di questo grande tema, Lombardini22 si pone come nodo di quell’ampia rete di contesti e situazioni in cui mondo educational e mondi “altri” possano trovare ricomposizioni inedite: nuovi rapporti scuola-città, nuove forme didattiche, nuovi ponti e alleanze tra formazione, lavoro e società, studenti e docenti, junior e senior, e anche nuovi spazi fisici.

Ma soprattutto nuove e sempre fresche motivazioni a mantenere viva quella tensione all’apprendimento che oggi non è solo un problema delle nuove generazioni, del loro potenziale espressivo e della loro crescita all’interno della società e del mondo del lavoro, ma una necessità intergenerazionale che coinvolge tutti, in ogni ruolo professionale ed età formativa.

È in questa cornice che avviamo il primo incontro del programma culturale 2021 di Lombardini22, dedicato appunto alla formazione, all’apprendimento e alla crescita (umana e professionale): DOVE NASCONO, FIORISCONO E CRESCONO I TALENTI.

REGISTRATI ALL'EVENTO

Ci muoviamo da alcuni elementi che ci caratterizzano: essere una società intergenerazionale composta di circa 300 professionisti con una forte componente giovane e una pluralità di culture di provenienza; coltivare un’attitudine alla formazione continua, che ci ha portato a istituire un’Academy interna (Accademia Lombardini22) composta di specialisti e competenze che si intrecciano in percorsi di apprendimento reciproco, con la responsabilità di riconoscere e coltivare i propri talenti e generare spazio per le aspettative di crescita professionale e specialistica di ognuno; essere una società di ricerca, da molti anni impegnata in temi di frontiera come lo sviluppo delle neuroscienze applicate alla progettazione architettonica.

Se dunque formazione, apprendimento, ricerca sono da sempre fondamentali per lo sviluppo delle nostre comunità, oggi sono anche oggetto di riflessioni radicali sul nostro presente e sul tempo che stiamo vivendo: un tempo sospeso ma anche potenzialmente fertile per elaborare nuovi modelli di relazione. E un’importante questione “relazionale” è oggi sviluppare l’apprendimento tra generazioni diverse, e mantenerlo aperto e fecondo.

Un dialogo transdisciplinare

Un tema che esploriamo in una libera conversazione tra Franco Guidi, CEO e Partner Lombardini22, e Daniela Lucangeli, Professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università di Padova, un’interlocutrice particolarmente affine al nostro percorso.

Infatti, le principali aree di ricerca di Daniela Lucangeli sono i processi maturazionali del neurosviluppo, con particolare attenzione al rapporto tra apprendimento ed emozioni, ai trend evolutivi (intelligenza numerica) e alle difficoltà di apprendimento. È inoltre Presidente Mind4Children, Spin-Off dell’Università degli studi di Padova, e Direttrice Scientifica del Progetto SORRIDOIMPARO: l’emozione d’apprendere, progetto che ha l’obiettivo di costruire nuovi strumenti didattici inclusivi, basati sullo sviluppo del potenziale di apprendimento del bambino e dell’intelligenza affettiva. Con la sua attività didattica e di ricerca, Daniela Lucangeli sostiene e promuove la ricaduta della ricerca scientifica in azioni a servizio del potenziale umano attraverso la sperimentazione, la divulgazione, la consulenza e la formazione in un continuo dialogo con la società.

Grazie alle diverse competenze messe in campo, la conversazione permetterà di affrontare un argomento complesso in modo transdisciplinare, ma partendo da una premessa condivisa: esplorare direzioni e possibilità alternative e divergenti rispetto ai modelli convenzionali cui siamo abituati per sondare il terreno di una diversa progettualità comune – pedagogica, lavorativa e anche civica. Ciò implica passare da un modello giudicante (ancora prevalentemente diffuso nella scuola come nella leadership lavorativa e nei rapporti intersoggettivi in genere) alla valutazione; un diverso rapporto con le “persone significative” come riferimenti per costruire l’immagine del sé; il riconoscimento dell’errore come parte integrante della crescita; una piena valorizzazione delle interazioni tra sfera cognitiva e substrato emotivo che guida i nostri processi decisionali: di fatto significa superare il principio di pura prestazione tecnica e sviluppare competenza sociale, equilibrio tra capacità cognitiva ed emotiva, contesti di ascolto reciproco per una crescita individuale e collettiva, umana e professionale.

Lo spazio

In questo quadro gli spazi architettonici hanno un ruolo non secondario, poiché essi stessi sono generatori di emozioni e quindi luoghi che possono fare la differenza. Se non esiste un rapporto lineare reciproco tra qualità architettonica e qualità del sistema educativo, esiste però un’influenza che l’architettura, per il fatto di agire sull’ambiente, esercita sulle attività che nell’ambiente si svolgono, e sicuramente un’attività è l’apprendimento. Se è vero che l’educazione – nella sua parte più ricca e attiva – può compiersi anche altrove rispetto ai luoghi deputati, è altrettanto vero che possiamo lavorare per configurare gli spazi più appropriati in cui il processo educativo possa compiersi per intero inserendosi in un ambito di esperienze globali.

Siamo quindi chiamati a una sfida culturale, spaziale, organizzativa che coinvolge le nostre comunità educanti, progettuali e anche il mondo immobiliare: accompagnare l’evoluzione di ognuno creando ambienti che stimolino il desiderio di crescita e di formazione continua, individuale e soprattutto collettiva, in un sistema di reciproca fiducia intergenerazionale che richiede un’attitudine aperta e condivisa. Per fare questo, è necessario un impegno collettivo, e uno sforzo politico e culturale di immaginazione e di pensiero.

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April 19, 2021
Attualità
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April 19, 2021

Where Growth Happens

“L’educazione è il risultato di un’esperienza. Più l’esperienza è ampia e complessa, più l’educazione è profonda e intensa. Il campo dell’esperienza si amplifica in ragione diretta alla frequenza dei contatti e la sua complessità con l’accrescersi della loro varietà. Al limite, per assicurare un’educazione veramente profonda e intensa, nessun tipo di esperienza dovrebbe essere negato: tutti i contatti possibili, di qualsiasi natura, dovrebbero essere non solo ammessi ma anche sollecitati”.

Così scriveva l’architetto Giancarlo De Carlo nel 1969, in un articolo pubblicato sull’Harvard Educational Review, interrogandosi sul come e soprattutto il perché costruire edifici scolastici. Scritto in un momento di grande rivolgimento del sistema educativo occidentale, De Carlo affrontava il tema del rapporto tra educazione e istituzione. O più precisamente il fatto che, se da sempre (fin da Platone nel parco di Academo o Aristotele nel recinto di Apollo Liceo) l’educazione è stata un’attività in qualche modo “segregata” in un preciso ambito, solo quando ha iniziato a istituzionalizzarsi si è separata nettamente dal resto delle attività sociali, in edifici costruiti per accogliere una popolazione e un’attività specifica – l’insegnamento, gli insegnanti e gli studenti. Da quel momento, l’educazione diventa una struttura organizzativa chiusa, isolata e mantenuta “al riparo” da qualsiasi interferenza dell’ambiente esterno. Invece, continuava De Carlo:

“La scuola non deve essere un’isola, ma una parte del contesto fisico e – al limite – il contesto fisico stesso considerato nel suo insieme e concepito, nel suo insieme, in funzione delle esigenze educative: una struttura diramata nel tessuto delle attività sociali, una configurazione instabile continuamente ricreata dalla partecipazione diretta della collettività che la usa”.

Parole scritte oltre 50 anni fa, certo in un clima storico particolare (l’anno precedente era “l’anno degli studenti”), eppure straordinariamente simili a quelle che si potevano leggere in un qualsiasi giorno del giugno 2020. Quelle di Massimo Recalcati, per esempio, in vista dell’agognata riapertura delle scuole dopo la lunga chiusura imposta dal lockdown della scorsa primavera, che così affermava la necessità di una rimodulazione profonda dell’attività didattica:

“Il campo è ampio: favorire l’interdisciplinarietà, rendere possibile una diversa circolazione degli allievi attraverso la composizione di piani di studio più adeguati alla loro attitudine, portare la scuola verso la città, nei quartieri, nei territori, nei luoghi culturali, reinserirla come protagonista attiva della nostra vita sociale…”.

Dunque la connessione tra scuola e società, tra l’educazione e una pluralità di altri contesti e situazioni in possibile rete tra loro, oppure, facendo ancora nostre le parole di De Carlo, la relazione tra “cognizioni” e “comportamenti” che consentano a ogni individuo di trovare un appropriato ruolo sociale (o, in altri termini, tra “nuclei” tecnici specializzati e una “corona” di luoghi in cui possano avvenire confronti continui e generalizzati) rimane una grande questione aperta e incredibilmente attuale.

Formazione e ricerca in Lombardini22

Nell’ambito di questo grande tema, Lombardini22 si pone come nodo di quell’ampia rete di contesti e situazioni in cui mondo educational e mondi “altri” possano trovare ricomposizioni inedite: nuovi rapporti scuola-città, nuove forme didattiche, nuovi ponti e alleanze tra formazione, lavoro e società, studenti e docenti, junior e senior, e anche nuovi spazi fisici.

Ma soprattutto nuove e sempre fresche motivazioni a mantenere viva quella tensione all’apprendimento che oggi non è solo un problema delle nuove generazioni, del loro potenziale espressivo e della loro crescita all’interno della società e del mondo del lavoro, ma una necessità intergenerazionale che coinvolge tutti, in ogni ruolo professionale ed età formativa.

È in questa cornice che avviamo il primo incontro del programma culturale 2021 di Lombardini22, dedicato appunto alla formazione, all’apprendimento e alla crescita (umana e professionale): DOVE NASCONO, FIORISCONO E CRESCONO I TALENTI.

REGISTRATI ALL'EVENTO

Ci muoviamo da alcuni elementi che ci caratterizzano: essere una società intergenerazionale composta di circa 300 professionisti con una forte componente giovane e una pluralità di culture di provenienza; coltivare un’attitudine alla formazione continua, che ci ha portato a istituire un’Academy interna (Accademia Lombardini22) composta di specialisti e competenze che si intrecciano in percorsi di apprendimento reciproco, con la responsabilità di riconoscere e coltivare i propri talenti e generare spazio per le aspettative di crescita professionale e specialistica di ognuno; essere una società di ricerca, da molti anni impegnata in temi di frontiera come lo sviluppo delle neuroscienze applicate alla progettazione architettonica.

Se dunque formazione, apprendimento, ricerca sono da sempre fondamentali per lo sviluppo delle nostre comunità, oggi sono anche oggetto di riflessioni radicali sul nostro presente e sul tempo che stiamo vivendo: un tempo sospeso ma anche potenzialmente fertile per elaborare nuovi modelli di relazione. E un’importante questione “relazionale” è oggi sviluppare l’apprendimento tra generazioni diverse, e mantenerlo aperto e fecondo.

Un dialogo transdisciplinare

Un tema che esploriamo in una libera conversazione tra Franco Guidi, CEO e Partner Lombardini22, e Daniela Lucangeli, Professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università di Padova, un’interlocutrice particolarmente affine al nostro percorso.

Infatti, le principali aree di ricerca di Daniela Lucangeli sono i processi maturazionali del neurosviluppo, con particolare attenzione al rapporto tra apprendimento ed emozioni, ai trend evolutivi (intelligenza numerica) e alle difficoltà di apprendimento. È inoltre Presidente Mind4Children, Spin-Off dell’Università degli studi di Padova, e Direttrice Scientifica del Progetto SORRIDOIMPARO: l’emozione d’apprendere, progetto che ha l’obiettivo di costruire nuovi strumenti didattici inclusivi, basati sullo sviluppo del potenziale di apprendimento del bambino e dell’intelligenza affettiva. Con la sua attività didattica e di ricerca, Daniela Lucangeli sostiene e promuove la ricaduta della ricerca scientifica in azioni a servizio del potenziale umano attraverso la sperimentazione, la divulgazione, la consulenza e la formazione in un continuo dialogo con la società.

Grazie alle diverse competenze messe in campo, la conversazione permetterà di affrontare un argomento complesso in modo transdisciplinare, ma partendo da una premessa condivisa: esplorare direzioni e possibilità alternative e divergenti rispetto ai modelli convenzionali cui siamo abituati per sondare il terreno di una diversa progettualità comune – pedagogica, lavorativa e anche civica. Ciò implica passare da un modello giudicante (ancora prevalentemente diffuso nella scuola come nella leadership lavorativa e nei rapporti intersoggettivi in genere) alla valutazione; un diverso rapporto con le “persone significative” come riferimenti per costruire l’immagine del sé; il riconoscimento dell’errore come parte integrante della crescita; una piena valorizzazione delle interazioni tra sfera cognitiva e substrato emotivo che guida i nostri processi decisionali: di fatto significa superare il principio di pura prestazione tecnica e sviluppare competenza sociale, equilibrio tra capacità cognitiva ed emotiva, contesti di ascolto reciproco per una crescita individuale e collettiva, umana e professionale.

Lo spazio

In questo quadro gli spazi architettonici hanno un ruolo non secondario, poiché essi stessi sono generatori di emozioni e quindi luoghi che possono fare la differenza. Se non esiste un rapporto lineare reciproco tra qualità architettonica e qualità del sistema educativo, esiste però un’influenza che l’architettura, per il fatto di agire sull’ambiente, esercita sulle attività che nell’ambiente si svolgono, e sicuramente un’attività è l’apprendimento. Se è vero che l’educazione – nella sua parte più ricca e attiva – può compiersi anche altrove rispetto ai luoghi deputati, è altrettanto vero che possiamo lavorare per configurare gli spazi più appropriati in cui il processo educativo possa compiersi per intero inserendosi in un ambito di esperienze globali.

Siamo quindi chiamati a una sfida culturale, spaziale, organizzativa che coinvolge le nostre comunità educanti, progettuali e anche il mondo immobiliare: accompagnare l’evoluzione di ognuno creando ambienti che stimolino il desiderio di crescita e di formazione continua, individuale e soprattutto collettiva, in un sistema di reciproca fiducia intergenerazionale che richiede un’attitudine aperta e condivisa. Per fare questo, è necessario un impegno collettivo, e uno sforzo politico e culturale di immaginazione e di pensiero.

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April 19, 2021
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